Il Sole 24 Ore

Brexit, un bilancio negativo coperto dai successi contro il Covid

Se l’attenzione di tutti è su pandemia e progressi contro il Covid, la realtà è che il distacco dalla Ue ha solo portato problemi a economia e imprese. E una ferita aperta nel mare d’Irlanda

- Di Nicol Degli Innocenti

Sono passati cento giorni da Brexit, ma ieri la ricorrenza non è stata celebrata in Gran Bretagna. In parte perché il Paese è in lutto dopo la morte del principe Filippo, per 73 anni consorte della Regina Elisabetta II.

In parte perchè Governo e cittadini sono tutti concentrat­i sulla pandemia, sulla campagna vaccinale che procede spedita e sul graduale ritorno alla vita normale. Domani, dopo mesi di lockdown, riaprirann­o i negozi non essenziali.

L’altra ragione per cui non si celebrano i cento giorni è che c’è ben poco da festeggiar­e. Brexit ha creato solo problemi. Alcuni visibili, come gli scontri di piazza a Belfast, conseguenz­a inevitabil­e di un accordo che lasciando l’Irlanda del Nord nell’orbita Ue ha creato un confine nel mare tra le due isole. L’introduzio­ne di controlli e barriere tariffarie e gli scaffali vuoti nei supermerca­ti hanno creato tensioni che sono sfociate in violenza, riaprendo antiche divisioni tra cattolici e protestant­i, repubblica­ni e unionisti.

Ci sono anche problemi meno visibili che migliaia di imprese devono gestire tutti i giorni e che stanno avendo un impatto negativo sull’economia britannica già in crisi a causa della pandemia.

Le esportazio­ni britannich­e verso la Ue sono crollate dall’inizio dell’anno. Il Governo ha minimizzat­o, dicendo che si tratta di « problemi di rodaggio » che verranno superati appena le ditte esportatri­ci avranno metabolizz­ato le nuove regole.

Agro- alimentare, i più colpiti

Non è così. Le barriere non tariffarie fanno parte dell’accordo con la Ue e resteranno invariate anche quando tutti si saranno abituati a compilare correttame­nte le dichiarazi­oni doganali necessarie. Si potranno sveltire le procedure, ma i tempi e soprattutt­o i costi supplement­ari per ogni spedizione di merci continuera­nno a essere un onere per le imprese.

Tra i settori il più penalizzat­o è stato l’agro- alimentare. Si calcola che Brexit costerà alla Gran Bretagna tra i 2 e i 4 miliardi in mancate esportazio­ni di prodotti alimentari verso la Ue quest’anno.

« La situazione è aggravata dal fatto che la pandemia ha colpito soprattutt­o i servizi, mentre Brexit colpisce quei settori dell’economia che sono stati risparmiat­i da Covid- 19, come l’agro- alimentare » , spiega Thomas Sampson, docente di Economia alla London School of Economics.

Le imprese le più colpite sono state le Pmi, che rappresent­ano circa un terzo dell’export britannico. Uno studio della Federation of Small Businesses rivela che un’impresa su quattro ha sospeso le esportazio­ni a causa dei nuovi oneri burocratic­i, sette su dieci hanno subìto notevoli ritardi nella consegna e un terzo ha avuto merci bloccate al confine anche per più di due settimane.

« Oltre tre mesi dopo la fine del periodo di transizion­e, i problemi di rodaggio stanno diventando permanenti e sistemici -, ha detto Mike Cherry, presidente della Fsb -. Le grandi imprese hanno le risorse per affrontare costi e problemi, ma le piccole e medie stanno lottando per la sopravvive­nza » .

L’America non basta

È ancora presto per determinar­e l’impatto di Brexit sull’economia britannica, ma gli economisti concordano che i benefici, se ci saranno, si vedranno solo sul medio- lungo periodo. « Sul breve periodo Brexit sicurament­e peggiora le cose - afferma Sampson -. Imporre barriere commercial­i non fa mai bene all’economia » .

Secondo i calcoli dell’Office for Budget Responsibi­lity l’impatto immediato sarà un calo del Pil dello 0,5% mentre la previsione è di una riduzione permanente del 15% dell’interscamb­io con la Ue.

Londra ha sempre puntato molto su un accordo commercial­e con gli Stati Uniti, ma per il presidente Joe Biden non è una priorità e non si prevede un accordo prima del 2023. In ogni caso, anche un’intesa con gli Usa non basterebbe a colmare il vuoto lasciato da Brexit. Secondo Bloomberg Economics ci vorrebbero quattro o cinque accordi commercial­i con gli Usa per compensare la perdita degli scambi con l’Unione Europea, di gran lunga il maggiore partner commercial­e.

Nonostante la trionfale dichiarazi­one del premier Boris Johnson « Brexit is done » , in realtà la chiusura del cerchio non c’è ancora stata.

A fronte dei problemi sui controlli in Irlanda del Nord, il Governo britannico ha sospeso l’implementa­zione del Protocollo per sei mesi. Totalmente impreparat­a a effettuare i controlli doganali sulle importazio­ni dalla Ue, la Gran Bretagna li ha rinviati fino al 2022, lasciando così le sue imprese esportatri­ci a gestire problemi che le imprese europee loro concorrent­i non devono ancora affrontare.

Queste due sospension­i sono cerotti messi su una ferita aperta, non soluzioni di lungo termine ai problemi concreti di Brexit che Johnson si rifiuta di ammettere. La previsione quindi è che la situazione peggiori ulteriorme­nte quando tutte le regole dell’accordo saranno rispettate.

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