Brexit, un bilancio negativo coperto dai successi contro il Covid
Se l’attenzione di tutti è su pandemia e progressi contro il Covid, la realtà è che il distacco dalla Ue ha solo portato problemi a economia e imprese. E una ferita aperta nel mare d’Irlanda
Sono passati cento giorni da Brexit, ma ieri la ricorrenza non è stata celebrata in Gran Bretagna. In parte perché il Paese è in lutto dopo la morte del principe Filippo, per 73 anni consorte della Regina Elisabetta II.
In parte perchè Governo e cittadini sono tutti concentrati sulla pandemia, sulla campagna vaccinale che procede spedita e sul graduale ritorno alla vita normale. Domani, dopo mesi di lockdown, riapriranno i negozi non essenziali.
L’altra ragione per cui non si celebrano i cento giorni è che c’è ben poco da festeggiare. Brexit ha creato solo problemi. Alcuni visibili, come gli scontri di piazza a Belfast, conseguenza inevitabile di un accordo che lasciando l’Irlanda del Nord nell’orbita Ue ha creato un confine nel mare tra le due isole. L’introduzione di controlli e barriere tariffarie e gli scaffali vuoti nei supermercati hanno creato tensioni che sono sfociate in violenza, riaprendo antiche divisioni tra cattolici e protestanti, repubblicani e unionisti.
Ci sono anche problemi meno visibili che migliaia di imprese devono gestire tutti i giorni e che stanno avendo un impatto negativo sull’economia britannica già in crisi a causa della pandemia.
Le esportazioni britanniche verso la Ue sono crollate dall’inizio dell’anno. Il Governo ha minimizzato, dicendo che si tratta di « problemi di rodaggio » che verranno superati appena le ditte esportatrici avranno metabolizzato le nuove regole.
Agro- alimentare, i più colpiti
Non è così. Le barriere non tariffarie fanno parte dell’accordo con la Ue e resteranno invariate anche quando tutti si saranno abituati a compilare correttamente le dichiarazioni doganali necessarie. Si potranno sveltire le procedure, ma i tempi e soprattutto i costi supplementari per ogni spedizione di merci continueranno a essere un onere per le imprese.
Tra i settori il più penalizzato è stato l’agro- alimentare. Si calcola che Brexit costerà alla Gran Bretagna tra i 2 e i 4 miliardi in mancate esportazioni di prodotti alimentari verso la Ue quest’anno.
« La situazione è aggravata dal fatto che la pandemia ha colpito soprattutto i servizi, mentre Brexit colpisce quei settori dell’economia che sono stati risparmiati da Covid- 19, come l’agro- alimentare » , spiega Thomas Sampson, docente di Economia alla London School of Economics.
Le imprese le più colpite sono state le Pmi, che rappresentano circa un terzo dell’export britannico. Uno studio della Federation of Small Businesses rivela che un’impresa su quattro ha sospeso le esportazioni a causa dei nuovi oneri burocratici, sette su dieci hanno subìto notevoli ritardi nella consegna e un terzo ha avuto merci bloccate al confine anche per più di due settimane.
« Oltre tre mesi dopo la fine del periodo di transizione, i problemi di rodaggio stanno diventando permanenti e sistemici -, ha detto Mike Cherry, presidente della Fsb -. Le grandi imprese hanno le risorse per affrontare costi e problemi, ma le piccole e medie stanno lottando per la sopravvivenza » .
L’America non basta
È ancora presto per determinare l’impatto di Brexit sull’economia britannica, ma gli economisti concordano che i benefici, se ci saranno, si vedranno solo sul medio- lungo periodo. « Sul breve periodo Brexit sicuramente peggiora le cose - afferma Sampson -. Imporre barriere commerciali non fa mai bene all’economia » .
Secondo i calcoli dell’Office for Budget Responsibility l’impatto immediato sarà un calo del Pil dello 0,5% mentre la previsione è di una riduzione permanente del 15% dell’interscambio con la Ue.
Londra ha sempre puntato molto su un accordo commerciale con gli Stati Uniti, ma per il presidente Joe Biden non è una priorità e non si prevede un accordo prima del 2023. In ogni caso, anche un’intesa con gli Usa non basterebbe a colmare il vuoto lasciato da Brexit. Secondo Bloomberg Economics ci vorrebbero quattro o cinque accordi commerciali con gli Usa per compensare la perdita degli scambi con l’Unione Europea, di gran lunga il maggiore partner commerciale.
Nonostante la trionfale dichiarazione del premier Boris Johnson « Brexit is done » , in realtà la chiusura del cerchio non c’è ancora stata.
A fronte dei problemi sui controlli in Irlanda del Nord, il Governo britannico ha sospeso l’implementazione del Protocollo per sei mesi. Totalmente impreparata a effettuare i controlli doganali sulle importazioni dalla Ue, la Gran Bretagna li ha rinviati fino al 2022, lasciando così le sue imprese esportatrici a gestire problemi che le imprese europee loro concorrenti non devono ancora affrontare.
Queste due sospensioni sono cerotti messi su una ferita aperta, non soluzioni di lungo termine ai problemi concreti di Brexit che Johnson si rifiuta di ammettere. La previsione quindi è che la situazione peggiori ulteriormente quando tutte le regole dell’accordo saranno rispettate.