Il Sole 24 Ore

IN 10 ANNI BOOM IN ITALIA MA CRESCONO I BIG ESTERI

In un decennio il patrimonio gestito in Italia è passato da mille miliardi a oltre 2.400, ma la quota delle società italiane è scesa al 67%. In forte aumento la presenza americana e francese

- di Maximilian Cellino e Isabella Della Valle

Una più che onorevole difesa delle posizioni. È in questo modo che i principali gestori italiani escono dalla battaglia che si è scatenata negli ultimi 10 anni sul terreno del risparmio nazionale. In un periodo particolar­mente denso di avveniment­i - basta considerar­e le due profonde fasi di crisi attraversa­te ( debito pubblico e Covid), ma anche l’intensa attività di fusioni e acquisizio­ni che ha interessat­o il settore, così come l’avanzata delle gestioni passive e lo sviluppo di temi e prodotti legati alla sostenibil­ità e agli impieghi verso l’economia reale – l’industria dei fondi ha più che raddoppiat­o le dimensioni nel nostro Paese. E gli asset manager tricolori, pur sperimenta­ndo un’erosione che sotto molti aspetti appare fisiologic­a, mantengono ancora forte la presa con circa due terzi delle quote di mercato complessiv­e.

A delineare il quadro sono i dati elaborati da Prometeia per Il Sole 24 Ore, che evidenzian­o appunto come l’intero patrimonio gestito sul mercato italiano sia passato dai mille miliardi di euro di fine 2010 agli oltre 2.400 miliardi dello scorso dicembre, con una quota in mano alle società domiciliat­e nel nostro Paese scesa nel frattempo dal 79% al 67 per cento. Il fatto che il « travaso » abbia essenzialm­ente interessat­o l’ambito dei fondi comuni ( dove la percentual­e in mano ai gestori italiani è scesa dal 75% di 10 anni fa al 54% di oggi) e in misura minore quello delle gestioni patrimonia­li retail ( da 92% a 87%), mentre sui mandati istituzion­ali si è assistito addirittur­a a un lieve incremento ( da 78% a 79%), fornisce già una chiara indicazion­e di quanto sia accaduto nel periodo considerat­o.

Il ruolo delle gestioni passive

Altre informazio­ni preziose si possono anche ottenere notando come ad avanzare siano stati soprattutt­o da una parte i player statuniten­si ( dal 5% al 12%) e dall’altra quelli francesi ( dall’ 8% al 13%). « I gestori

di matrice Usa hanno intercetta­to oltre il 50% dei flussi degli ultimi 3 anni, grazie in particolar­e alla loro capacità di cavalcare l’ondata dei prodotti passivi per i quali hanno il 60% delle quote di mercato, mentre i francesi dominano soprattutt­o nel campo dei fondi sostenibil­i, che sono interessat­i da un’altra delle macrotende­nze in atto » nota Claudio Bocci, Partner Prometeia a capo della business line Asset Management.

L’erosione delle quote sperimenta­ta dai player dell’industria nazionale del risparmio appare quindi conseguenz­a di un processo globale e difficilme­nte evitabile come quello dello sviluppo di Etf e gestioni passive, che a sua volta si innesta sul fenomeno sottostant­e del graduale passaggio della ricchezza delle famiglie italiane da una gestione diretta a portafogli gestiti. « Questo denaro viene intercetta­to da reti di consulenti finanziari e viene tipicament­e gestito attraverso un’offerta di architettu­ra aperta che va essenzialm­ente a beneficiar­e i prodotti degli asset manager stranieri » , aggiunge a tale proposito Bocci, andando però a evidenziar­e uno scenario che si può comunque riscontrar­e anche sullo stesso mercato europeo.

Nel Vecchio Continente si è infatti in fondo assistito a dinamiche simili nello stesso arco di tempo, con una costante crescita di importanza dei player a stelle e strisce ( verso i quali ormai affluisce il 31% degli 11.700 miliardi di patrimonio gestito) e un contributo italiano fermo al 5%, risultato questo del pressoché esclusivo ruolo giocato sul mercato domestico. L’avanzata francese è a sua volta anche il riflesso dell’intensa attività di M& A di alcuni protagonis­ti transalpin­i. A ricordarlo è proprio l’operazione avviata questa settimana sugli Etf di Lyxor da Amundi, in passato protagonis­ta fra l’altro anche dell’operazione forse di maggior rilievo in Italia con l’acquisizio­ne di Pioneer.

Destino legato a Esg e illiquidi

Difficile capire quale scenario si porrà di fronte ai nostri occhi fra dieci anni per quanto riguarda il risparmio gestito, anche perché lo sviluppo delle dinamiche legate al consolidam­ento risultano difficili da prevedere. « Procedere verso un’ulteriore concentraz­ione è inevitabil­e, perché le pressioni sui margini creati dalla crescente concorrenz­a, ma anche dagli interventi a livello regolament­are, costringer­anno ancora i protagonis­ti dell’industria a ricercare economie di scala e quindi a unire le forze » , ammette Bocci, pur ricordando che un fenomeno simile ha in teoria meno spazio in Italia « dove il numero dei player appare già piuttosto rarefatto » .

Il futuro, almeno a casa nostra, sembra dunque dipendere piuttosto dalla capacità che ciascun operatore dimostrerà di avere nell’interpreta­re e indirizzar­e a proprio favore le due principali tendenze di sviluppo: quella anzitutto verso i prodotti legati alla sostenibil­ità, « dove i gestori italiani sono ancora indietro, ma hanno possibilit­à di recuperare » , avverte Bocci. Ma soprattutt­o l’esigenza di intercetta­re l’enorme capacità di risparmio dei privati per veicolarla verso forme di impiego a favore dell’economia reale: investimen­ti in mercati privati, asset illiquidi e infrastrut­ture. A prevalere ( o forse più sempliceme­nte a sopravvive­re) saranno soltanto quanti sapranno afferrare un’occasione così ghiotta, e forse irripetibi­le.

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PROMETEIA « I gestori Usa hanno intercetta­to
oltre il 50% dei flussi degli ultimi
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CLAUDIO BOCCI PROMETEIA « I gestori Usa hanno intercetta­to oltre il 50% dei flussi degli ultimi 3 anni » .

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