Conti pubblici e decreti: Camere a rischio ingorgo
Nella sola seconda metà di aprile il Parlamento dovrà pronunciarsi su Def e interventi per oltre 270 miliardi: dall’incrocio dei due decreti Sostegni al Recovery Plan
In parte lo si era già capito durante l’illustrazione di Mario Draghi alle Camere delle linee programmatiche del suo governo. Ma con il trascorrere delle settimane il mese di aprile ha assunto ancora di più una valenza strategica nell’agenda dell’esecutivo. E il Parlamento, già alle prese con il ricorrersi dei decreti legge, in poco meno di due settimane dovrà ora districarsi in quello che rischia di diventare un groviglio di appuntamenti o scadenze. In ballo ci sono oltre 270 miliardi nell’incrocio tra vecchi e nuovi sostegni e il nuovo passaggio, seppure rapido, nei due rami del Parlamento della versione aggiornata del Recovery plan.
L’unico provvedimento già in moto è il decreto Sostegni varato lo scorso mese sfruttando lo scostamento da 32 miliardi, autorizzato quando l’esecutivo Conte 2 era giunto ormai a fine corsa. Al momento è il Senato ad essere alle prese con questo Dl, che dovrà essere convertito in legge entro il 21 maggio. Ma la navigazione è lenta. A Palazzo Madama in commissione è già slittato il termine per la presentazione degli emendamenti. E anche l’impegno, che era stato preso al momento del varo del decreto, di garantire al provvedimento tre passaggi parlamentari, lasciando a entrambi i rami del Parlamento una concreta possibilità di incidere sul testo, sembra destinato ad essere tradito. Il rischio è quello di un incrocio pericoloso con il decreto Sostegni Bis che sarà presentato dal governo prima della fine del mese ( il giorno cerchiato per ora è il 24 aprile) subito l’ok delle Camere all’ulteriore richiesta di deficit già annunciata dal Governo. Che, come anticipato dal Sole 24 Ore, dovrebbe attestarsi tra i 35 e i 40 miliardi.
Il rischio ingorgo si materializzerà con la presentazione del Def, al quale l’esecutivo aggancerà il nuovo scostamento. Sulla base del calendario ufficiale, il Documento di finanza pubblica, con cui Draghi e il ministro Daniele Franco indicheranno i nuovi obiettivi programmatici di finanza pubblica e aggiorneranno il quadro macroeconomico, potrebbe vedere la luce già mercoledì 14 o giovedì 15, anche se a via XX settembre non tutte le perplessità sembrano svanite, lasciando aperta l’ipotesi di un possibile slittamento di qualche giorno. Se l’attuale tabella di marcia sarà confermata, le risoluzioni parlamentari sul Def dovrebbero essere votate attorno al 22 aprile, non prima del tradizionale tour di audizioni, altrimenti si slitterà di qualche giorno. Il cammino parlamentare dello scostamento sarà parallelo a quello del Documento di economia e finanza, quindi con la stessa tempistica anche il voto. Subito dopo, come detto, i due rami del Parlamento si troveranno alle prese con il nuovo decreto Sostegni, oltre che con quello già varato. E il pericolo di una doppio assalto alla diligenza sui due provvedimenti appare tutt’altro che remoto.
Negli stessi giorni Montecitorio e palazzo Madama dovranno in qualche modo pronunciarsi sul “formato” aggiornato del Recovery plan da circa 200 miliardi, che dovrà essere consegnato a Bruxelles tassativamente non oltre il 30 aprile. Resta ancora da capire con quali modalità il Parlamento dirà la sua dopo essersi già espresso, con tanto di risoluzioni approvate, sulla versione messa a punto dal “Conte 2”. In ogni caso le comunicazioni di Draghi alla Camera sul “nuovo” Pnrr sono già state fissate per il 26 e il 27 aprile. Giornate fitte di impegni, insomma, in cui il Parlamento dovrà anche occuparsi degli altri decreti legge che sta esaminando. Come quello sullo slittamento delle elezioni amministrative, che è al vaglio della Camera dopo essere stato approvato dal Senato ma che vede anche avvicinarsi la data di scadenza: il 7 maggio. Cinque giorni più tardi, il 12 maggio, scade uno dei Dl del filone Covid ( quello con gli “aiuti” per le famiglie con i figli impegnati nella Dad). Ancora prima, entro il 30 aprile, dovrà essere convertito in legge il decreto sul riordino dei ministeri: ma in questo caso, dopo il primo via libera della Camera, il sì finale di palazzo Madama dovrebbe essere una formalità.