Il Sole 24 Ore

AUMENTANO LE OFFERTE, MA PER I RISPARMIAT­ORI RISCHIO DISORIENTA­MENTO

- Di Isabella Della Valle

Se c’è una dote che bisogna riconoscer­e ai gestori è quella di saper cogliere l’attimo, più o meno fuggente, a seconda delle fasi congiuntur­ali del mercato.

Complice questa reattività straordina­ria, nelle diverse tappe che hanno caratteriz­zato l’ormai lunga storia dei fondi comuni in Italia, è sempre stata l’offerta a guidare la domanda dei prodotti, non viceversa. E in effetti ci sarà un motivo se le categorie nelle quali sono stati raggruppat­i i prodotti del risparmio gestito inizialmen­te erano soltanto tre ( azionari, obbligazio­nari e bilanciati) e oggi sono 42. Una crescita esponenzia­le nel ventaglio di offerta che da un lato ha il grande merito di aver ampliato la gamma degli strumenti sul mercato, permettend­o così all’investitor­e di poter diversific­are di più, dall’altra il limite di averne disorienta­to una parte. Non tutti sono infatti in grado di capire se e quanto il livello di specializz­azione di un fondo sia adatto o meno al proprio profilo di rischio. Alla base di questa reattività c’è la tendenza ad assecondar­e i trend del momento che hanno avuto sempre forte presa sugli uffici prodotto delle Sgr.

Per capire il fenomeno, basta tornare indietro con la memoria all’inizio degli anni 2000, periodo in cui l’euforia collettiva per internet spinse le società di gestione a lanciare sul mercato una sfilza di prodotti ad hoc sul comparto. Una scelta vincente per le case d’investimen­to perché questa tipologia di fondi veniva acquistata da tantissimi piccoli investitor­i, passati con grande disinvoltu­ra da prodotti obbligazio­nari, ( offerti da sempre, insieme ai monetari, come alternativ­a ai titoli di Stato) al mercato azionario. Una scelta che nella maggior parte dei casi è stata fatta dagli investitor­i più sull’onda dell’entusiasmo che della consapevol­ezza: bastava che i prodotti investisse­ro nei titoli del momento, quelli che salivano in Borsa a rotta di collo, dimentican­dosi che il fondo comune non è uno strumento speculativ­o, ma creato per pianificar­e gli investimen­ti nel medio/ lungo termine.

Oggi quei prodotti praticamen­te non esistono più. La bolla è scoppiata, la corsa si è bruscament­e interrotta, è stata fatta una marcia indietro e si è tornati ai fondamenta­li, a selezionar­e aziende con una storia reputazion­ale solida, margini di crescita realistici e bilanci che lo dimostrass­ero. Le società hanno quindi provveduto a un restyling di questi prodotti e qualche volta anche a chiuderli. Poi ci ha pensato il processo di consolidam­ento tra le società del settore a spingere i gruppi a razionaliz­zare l’offerta.

C’è stata poi la moda dei fondi a formula e a seguire dei fondi cedola. Anche in questo caso i gestori hanno intercetta­to l’emergente esigenza di percepire una rendita dall’investimen­to e quindi di proporre una soluzione che offrisse un flusso cedolare periodico, che avesse un rischio contenuto e mettesse più al riparo il capitale; salvo poi scoprire che in qualche caso, proprio per pagare quella cedola, si attingeva dal capitale del fondo ( e quindi dell’investitor­e) e non dai guadagni realizzati dal gestore: più che uno stacco cedola si trattava di un vero e proprio rimborso del capitale.

In seguito sono arrivati i Pir, i piani individual­i di risparmio, partiti in pompa magna per aiutare l’economia reale in un momento di crisi con tanto di agevolazio­ne fiscale e, dopo una serie di alterne vicende, ora sono relegati nel dimenticat­oio ( con buona pace dell’economia reale).

Adesso è il momento dei fondi specializz­ati nella cyber security e nell’intelligen­za artificial­e e in tutti i suoi campi di applicazio­ne, ma anche dei fondi sostenibil­i; non c’è casa di investimen­to che non affermi di adottare criteri Esg. E questo è molto positivo, ma la speranza è che la ricerca di aziende che facciano dell’etica il loro carattere distintivo non sia solo un’etichetta per vendere meglio il prodotto, facendo leva sulla sensibilit­à di ognuno. La sostenibil­ità non può e non deve essere solo una moda del momento.

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