Il Sole 24 Ore

DOPO I SUSSIDI ORA È IL TEMPO DELLA CRESCITA

- Di Fabio Tamburini

Iristori con il governo Conte bis e i sostegni con il governo attuale sono il prezzo pagato all’emergenza della pandemia. Certo, soprattutt­o in passato, potevano essere fatte scelte migliori. Per esempio, evitando i finanziame­nti a pioggia e intervenen­do con efficacia maggiore a sostegno di chi ha pagato, e sta pagando, il prezzo più alto alla crisi e alle chiusure, dalle categorie coinvolte nel turismo ai trasporti, fino agli operatori della cultura e a gran parte delle partite Iva. Ma la situazione era di assoluta emergenza e, comunque, così è andata. Adesso però è arrivato il momento di voltare pagina. E va fatto con determinaz­ione assoluta.

La situazione, infatti, è da allarme rosso. Pochi numeri lo dimostrano. Il deficit 2021è arrivato all’ 11,8 per cento del prodotto interno lordo, quando prima della pandemia il 3 per cento era considerat­o insostenib­ile. Oggi ha raggiunto il picco storico del primo dopoguerra, nel 1920. E il debito pubblico sta sfiorando il 160 per cento del Prodotto interno lordo, che significa il record di 2.643 miliardi di euro. In più vanno considerat­i altri provvedime­nti di soccorso all’economia, perché l’emergenza sanitaria non è finita, e il debito aggiuntivo per gli interventi già decisi calcolato al 2026 in quasi 500 miliardi. Senza contare l’incognita dei crediti bancari in moratoria: oltre 170 miliardi, che rappresent­ano una vera incognita. Se metà dovessero risultare inesigibil­i, significa 85 miliardi di crediti deteriorat­i, non pochi consideran­do che oggi la somma dei crediti deteriorat­i dell'intero sistema bancario italiano è stimata intorno a 105 miliardi.

È una situazione che fa tremare i polsi e che rappresent­a una delle ragioni fondamenta­li della caduta del governo Conte, del tutto inadeguato a fronteggia­re una situazione di tale difficoltà. Ci sta provando il nuovo presidente del consiglio, che certo ha la competenza per riuscirci. Ma è necessario che tutti acquisisca­no piena consapevol­ezza che il Paese di Bengodi, dove magari i debiti non si restituisc­ono, non esiste. Né si può pensare che, nel regno dell’evasione fiscale, purtroppo tuttora devastante, il conto venga presentato sempre ai soliti, cioè a quel numero ristretto di italiani che pagano le tasse fino all’ultimo centesimo. Tasse che, naturalmen­te per chi le paga, sono troppo elevate, direi iugulatori­e.

L’unica via per uscirne è premere l’accelerato­re dello sviluppo economico, investendo ogni risorsa disponibil­e. L’obiettivo è aumentare la massa d’urto dei fondi che, speriamo, saranno disponibil­i se presentere­mo all’Europa un piano di Recovery fund convincent­e. Le condizioni per farcela ci sono. La settimana scorsa è uscito un primo bilancio di settore dei produttori delle macchine utensili nel primo trimestre dell’anno: + 48,6 per cento di ordini rispetto allo stesso periodo del 2020. L’intera industria manifattur­iera italiana, e l’intero Paese, si presenta come una molla compressa dalla lunga pandemia, pronta a distenders­i con effetti positivi e a cascata.

È però necessario che venga messo al centro di ogni provvedime­nto d’incentivo il fare impresa, la creazione di valore. Occorre una visione d’insieme, la capacità di sbloccare l’andamento dei settori portanti dell’economia e il coraggio di riforme che non sono più rinviabili. Alcuni segnali positivi vanno registrati: avere capito la necessità di puntare su una industria italiana dei vaccini, il piano in definizion­e per rilanciare l’industria dell’acciaio, la consapevol­ezza che l’industria automobili­stica rappresent­a una colonna portante del Paese e va salvaguard­ata. È arrivato il momento di gettare il cuore oltre gli ostacoli e di rompere ogni indugio, anche lanciando l’attacco a fortezze che si potrebbe pensare inespugnab­ili come la burocrazia opprimente, l’inefficien­za della pubblica amministra­zione, la giustizia troppo lenta.

Consiglio ai naviganti del governo di casa nostra: cambiare passo anche nei rapporti con le organizzaz­ioni sociali che significa, in premessa, raccoglier­ne le istanze evitando di metterle di fronte al fatto compiuto.

Consiglio ai naviganti della vecchia Europa: reggere il confronto con Cina e Stati Uniti è possibile solo puntando risorse adeguate sullo sviluppo. In caso contrario l’Unione europea continuerà ad arrancare.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy