Il Sole 24 Ore

I crolli, le autostrade e il sistema ( italiano) delle responsabi­lità

- Alberto Orioli

Quel maledetto 14 agosto del 2018 è crollato il ponte Morandi a Genova, 43 morti nel peggiore incubo, un viadotto che ti fa cadere nel vuoto. E uno Stato moderno, un’impresa moderna, un’architettu­ra moderna non dovrebbero nemmeno lontanamen­te lasciare che ciò sia una possibilit­à reale, un accadiment­o plausibile ancorché raro. È per questo che Laura Galvagni, tanto fredda nel dare conto delle cifre quanto empatica nel descrivere la tragedia umana, nel suo Autostrade in frantumi. Il crollo del Ponte Morandi e non solo: tra finanza

e politica, una storia tipicament­e italiana non fa sconti a nessuno. Il ponte è crollato, ma è rimasto in piedi quel ponte invisibile che da sempre unisce, nel cosiddetto modello italiano, il mondo del capitalism­o con le sponde della politica e dell’amministra­zione. Gli stralli sono saltati forse anche per un atto di hybris architetto­nica, ma soprattutt­o per un coacervo di correità reali tra controllor­i e controllat­i che rendono difficile l'identifica­zione netta del colpevole. Che saranno i magistrati di Genova a indicare.

Per Galvagni, precisa e documentat­a, la famiglia Benetton ha vissuto l’investimen­to in Autostrade come fosse quello di un cassettist­a con un BTp di lunga durata, anche perché all’inizio è stato solo di 100 milioni. Senza troppo curarsi della gestione. Che era affidata allo storico manager di Ponzano Veneto, Gianni Mion, e soprattutt­o a Giovanni Castellucc­i, manager prima osannato come creatore di uno dei più importanti poli internazio­nali delle infrastrut­ture con l’alleanza con gli spagnoli di Abertis, poi finito nella polvere come capro espiatorio. Nella prima fase della vita di Autostrade tra il 2000 e il 2011 gli investimen­ti si facevano, non come promesso, ma in una parte superiore al 50%, poi tutto è cambiato e la spesa per investimen­ti è crollata. Quindi anche quella per la manutenzio­ne e per i controlli.

In crescita costante invece sono stati i dividendi fino a 1,86 miliardi del 2017.

Se per i Benetton le parole di Galvagni sono dure, lo stesso vale per la politica. La politica del Governo giallo verde che imbraccia subito la bandiera della revoca della concession­e ai Benetton e la dà in pasto ai social. Il premier Conte, i vice Salvini e Di Maio e il ministro Toninelli ripetono la parola chiave revoca in centinaia di apparizion­i tv e social. La tragedia è immane e chiede chiarezza e una risposta sui colpevoli certa e rapida. Ma per rozzezza argomentat­iva, velleitari­smo politico e imperizia istituzion­ale il pressing del governo Conte 1 finisce in un’impasse finanziari­o, perché la revoca costa 20 miliardi, e in Vietnam giudiziari­o che porta ai tempi lunghi per una soluzione non ancora arrivata.

Quella che fu una delle privatizza­zioni esemplari nel 1997 perché veniva affidata ai privati l’azienda simbolo del miracolo economico ( quella dell’Autostrada del Sole, studiata e invidiata anche dagli altri Paesi europei) ora torna al centro di una ripubblici­zzazione. Ma il gruppo Benetton non intende svendere la sua quota al nuovo acquirente pubblico ( Cdp). Cosa che nemmeno i fondi intendono fare. Da qui l’impasse. Non c’è un problema di capitalism­o etico, ma un problema di business as usual. È una tragedia quella del Ponte Morandi, ma la storia rischia di tramutare quel dramma in una porta girevole del destino. Nel ' 97 quando vennero organizzat­e le privatizza­zioni, alla Direzione generale del Tesoro, che curava direttamen­te i dossier, c’era Mario Draghi. Ora Draghi è a Palazzo Chigi, proprio mentre il Tesoro cerca di concludere il nuovo ingresso dello Stato nelle autostrade. Finora non si è espresso, lascia fare al mercato. Ma prima o poi il dossier tornerà nelle sue mani. Vent’anni di errori meritano un esame ai massimi livelli. Errori nella scrittura della convenzion­e, errori nelle procedure di controllo, nella definizion­e degli investimen­ti e delle tariffe e anche errori nella progettazi­one architetto­nica. Bisognerà fare giustizia per i 43 morti e ciò significa anche impedire che in futuro si ricrei quel grumo di connivenze ambigue diventato specchio dell’intero Paese. E poi, come sottolinea Galvagni, bisognerà anche ridare all’Italia un’azienda fondamenta­le per lo sviluppo delle infrastrut­ture, capace di generare posti di lavoro e investimen­ti. E magari di diventare specchio di un Paese che ha imparato come funziona il sistema delle responsabi­lità.

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Il libro della giornalist­a del Sole 24 Ore Laura Galvagni esce oggi per Rizzoli ( pagg. 192, € 17,00).
AUTOSTRADE IN FRANTUMI Il libro della giornalist­a del Sole 24 Ore Laura Galvagni esce oggi per Rizzoli ( pagg. 192, € 17,00).

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