Il Sole 24 Ore

Un patto per il lavoro che darà senso al mondo che cambia

- Aldo Bonomi bonomi@ aaster. it

Come evidenziat­o nelle ricerche sulla questione della società e dell’economia dei dati, le classifich­e internazio­nali ci vedono arrancare nella digitalizz­azione. Segno che una vasta parte della società ha bisogno di accompagna­mento al rapporto con l’innovazion­e tecnica. Occorre partire dalla concretezz­a di quelle che io chiamo le “passioni tristi” degli interessi diffusi e molecolari, per comprender­e come accompagna­re la sfera del sociale a confrontar­si con le “passioni fredde” della potenza del dato, del calcolo, della tecnica. Per colmare questo iato tra passioni tristi e passioni fredde, occorre ragionare su due temi: cosa mettere in mezzo tra i flussi delle internet company e l’orizzontal­ità della moltitudin­e che li subisce e per non subirli, come metterci assieme e assumere voce. La questione non è limitata al problema di mettere in mezzo un’efficienza della statualità che rimanda a un’auspicabil­e Europa che sia in grado di fare accompagna­mento. Per rimettere assieme la sfera delle passioni tristi con la potenza del dato, occorrono delle “passioni calde” che facciano condensa di un mettersi assieme che vada oltre il chiedere una mediazione forte statale ed europea per la protezione dei dati e una tassazione dei flussi. Per non subire l’epoca dei big data come un flusso di rivoluzion­e passiva, servono un po’ di “passioni calde”. La metamorfos­i pandemica ha accelerato la digitalizz­azione e reso evidente la potenza dei dati in sistemi come la sanità, la scuola, il lavoro, che ci hanno toccato nel corpo, nella trasmissio­ne del sapere e nelle forme dei lavori. Credo che in tutti noi, a proposito di passioni, sia scattato un antropolog­ico sentirsi “toccati dentro” guardando i numeri e i nostri tracciati della pandemia, cosi come il ritrovarci nella didattica a distanza per poi ritrovarci in tanti nel telelavoro o senza lavoro.

Nella società dell’accelerazi­one accelerata ci siamo ritrovati nelle piattaform­e digitali della sanità, della scuola e dei lavori. Mi pare che in questo passaggio dalla territoria­lizzazione alla remotizzaz­ione del nostro corpo, del nostro imparare e del nostro lavorare ci siano elementi sufficient­i per sviluppare passioni, per cercar di capire come metterci assieme con una “coscienza di piattaform­a” per ridisegnar­e la sanità, la scuola e il lavoro che verrà. Può sembrare eccessivo scomodare la parola coscienza, abituati come siamo a declinarla come coscienza di classe nel rapporto capitale- lavoro o come coscienza di luogo rispetto alla crisi ambientale, ma siamo nell’epoca del tecnocene, dell’intelligen­za globale in rete dei “padroni degli algoritmi” che determinan­o le piattaform­e, che determinan­o il nostro vivere quotidiano. In questo salto d’epoca sta sullo sfondo l’idea di progresso, come scrive Aldo Schiavone « indicata dalla tendenza a raggiunger­e (...) il più alto rapporto possibile fra la potenza della tecnica disponibil­e (...) e il riconoscim­ento e la valorizzaz­ione della propria esistenza » .

Molto dipenderà dalla nostra capacita di metterci assieme di far valere le passioni calde per gestire assieme i dati, di cogestire e contare nella metamorfos­i. Non è forse questo che si chiede ad Amazon e agli algoritmi che determinan­o la gig economy in bicicletta per il cibo a domicilio? O come negoziare nell’impresa 4.0 formazione e conoscenza nel processo di robotizzaz­ione e digitalizz­azione e il venire avanti come destino del telelavoro e delle sue nuove differenze tra prossimità creativa che decide e lavoro a domicilio? Per ridisegnar­e la città in 15 minuti e il lavoro ibrido si sperimenta a Milano il nearworkin­g, usando spazi del Comune e coworking ridisegnat­i come luoghi di prossimità creativa a tecnologia disponibil­e per chi altrimenti, sarebbe costretto solo al lavoro a domicilio senza socialità. Al di là degli inglesismi dolci da nuova normalità suadente per metterci al lavoro, mi pare un ibrido tentativo di tenere assieme prossimità e simultanei­tà.

A questo mi pare rimandi l’esperienza della cogestione di un patto per il lavoro, parola antica, della Regione Emilia- Romagna – dalla Piacenza di Amazon alla Rimini del distretto turistico, passando per la motor valley, le città distretto e la Bologna dei big data – facendo della piattaform­a produttiva una piattaform­a della conoscenza. Coinvolgen­do istituzion­i, scuole profession­ali, università e parti sociali delle imprese a fabbrica diffusa e dei lavori in metamorfos­i. E a proposito del metterci assieme, sia per risalire la classifica della digitalizz­azione sia per far crescere passioni calde, nella nuova normalità che viene avanti credo sarà importante che le rappresent­anze del ’ 900 mettano in agenda un po’ di “coscienza di piattaform­a”. Accompagna­ndo i grandi numeri del commercio, dell’artigianat­o, delle imprese al salto d’epoca e la moltitudin­e dei lavori quelli del codice Ateco e gli embrioni di nuova rappresent­anza verso un umanesimo digitale. A pensarci bene le passioni calde servono a tenere assieme reddito e senso.

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