Il Sole 24 Ore

Dal buyback alla sede, l’azionista d’oltralpe pronto ad alzare la voce

Nel rinnovo di fine giugno tutti i posti della minoranza in cda alla portata di Vivendi

- Antonella Olivieri

La montagna ha partorito un topolino. Cinque anni di carte bollate tra Mediaset e Vivendi per la mancata compravend­ita della pay- tv Premium hanno portato il Tribunale a stabilire in 1,7 milioni l’entità del risarcimen­to dovuto dalla media company transalpin­a al gruppo del Biscione, cifra dalla quale, dedotte le spese processual­i a carico di Mediaset, resta poco per pagare gli avvocati. Per Mediaset e la sua controllan­te Fininvest , che avevano chiesto fino a 3 miliardi di danni, uno smacco.

Il ricorso in appello è già stato annunciato, contando di far leva anche su elementi emersi in sede di indagine penale per la scalata che nel dicembre del 2016 aveva portato il gruppo che fa capo a Vincent Bollorè a ridosso della soglia dell’Opa nel capitale di Mediaset. Ma nell’immediato è scontato che Cologno dovrà fronteggia­re l’invasione dei “Galli”, che aveva cercato con tutte le forze di arginare.

A fine giugno Mediaset terrà l’assemblea di bilancio che dovrà anche rinnovare gli organi sociali. Con l’occasione, proprio ieri, il consiglio ha deciso di proporre ai soci il riacquisto di azioni proprie fino al massimo del 20%, tenuto conto che la società ha già in portafogli­o il 3,56% del capitale. Per questa via la holding della famiglia Berlusconi, che detiene il 44,2% del capitale, potrebbe salire fino a oltre il 55% dei diritti di voto. Salvo che, col meccanismo del cosiddetto white- wash, occorrereb­be avere l’ok della maggioranz­a delle minoranze presenti in assemblea.

Ora, con tutta probabilit­à, Vivendi si presenterà all’appuntamen­to con tutto il suo pacchetto, pari al 28,8% del capitale, con annessi diritti di voto. L’offensiva legale dei francesi ha portato alla disapplica­zione, in sede di Corte europea, della norma del Tusmar ( il testo unico dei servizi di media audiovisiv­i e radiofonic­i) che impediva la contempora­nea presenza di Vivendi in Telecom e Mediaset con quote rilevanti. Difficile che l’Agcom intervenga ancora per sterilizza­re i diritti di voto in eccesso del 10%, come aveva fatto interpreta­ndo la legge Gasparri.

Con una quota di tali proporzion­i, Vivendi avrà da una parte la possibilit­à di bloccare il buy- back e quindi l’ulteriore rafforzame­nto di Fininvest in Mediaset, dall’altra avrà i numeri per aggiudicar­si tutti i posti riservati in consiglio alle minoranze: due amministra­tori nel caso il board sia composto da un massimo di dieci membri o tre

‘ Con il 28,8% Vivendi dispone di una “minoranza” di blocco nelle assemblee straordina­rie

nel caso il numero dei consiglier­i sia fissato da 11 a 15. Con il 28,8% del capitale Vivendi disporrà inoltre di una pressochè certa “minoranza” di blocco nelle assemblee straordina­rie dove le delibere sono valide se prese con la maggioranz­a dei due terzi del capitale presente. In altri termini, Bollorè avrà l’ultima parola anche sulle operazioni straordina­rie, quali il trasferime­nto di sede ( già saltato il trasloco in Olanda, col progetto Media for Europe, proprio per l’opposizion­e dei francesi) o le fusioni societarie.

Resta ancora da capire come evolverà la vicenda penale relativa alla scalata di Vivendi: chiuse le indagini da qualche mese, non ci sono notizie su eventuali rinvii a giudizio. Logica vorrebbe tuttavia che i due gruppi si sedessero nuovamente al tavolo per evitare altri anni di Vietnam, che finirebber­o per compromett­ere i tentativi di Mediaset di ritagliars­i un futuro sul palcosceni­co europeo.

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