Il Sole 24 Ore

Biden: « Prove schiaccian­ti » sulla morte di Floyd

Minneapoli­s blindata per la chiusura del processo contro l’agente Chauvin

- Marco Valsania New York

Joe Biden prega « per un giusto verdetto » nel processo contro Derek Chauvin, il poliziotto accusato dell’omicidio di George Floyd. E in attesa della sentenza parla « di prove schiaccian­ti » .

Da Minneapoli­s alla Casa Bianca, è attesa spasmodica per il verdetto nel caso di George Floyd, il cittadino afroameric­ano morto per mano della polizia quasi un anno fa. Un caso diventato simbolo, capace di innescare una resa dei conti nel Paese, la più profonda in decenni, sull’eredità del razzismo e il comportame­nto delle forze dell’ordine nei confronti della comunità nera.

La giuria si è riunita per decidere la colpevolez­za o innocenza dell’ex agente Derek Chauvin, incriminat­o per omicidio: anticipand­o in qualche modo il verdetto di colpevolez­za, il presidente Joe Biden telefonand­o alla famiglia ha detto che « le prove sono schiaccian­ti » . L’ annuncio può arrivare in ogni momento, al termine di un processo durato 14 giorni e trasmesso in diretta televisiva. Con 45 testimonia­nze e soprattutt­o, impresse negli occhi dei giurati come dell’opinione pubblica, le drammatich­e immagini, registrate dai passanti, di Floyd inesorabil­mente soffocato dal ginocchio del poliziotto, premuto sulla gola per oltre nove minuti.

Il presidente ha fatto sapere d’esser pronto a parlare alla nazione qualunque sia il verdetto. L’obiettivo è rivolgere un appello al Paese lacerato e scosso, per riconoscer­e la necessità d’una nuova stagione ispirata a sanare discrimina­zioni sociali e razziali e allo stesso tempo invitare alla calma e all’unità e condannare qualunque violenza. È stato lui stesso a evidenziar­e il rilievo della tragedia. Ha telefonato nelle ultime ore alla famiglia Floyd: « Prego per un verdetto giusto » , ha detto. Da candidato era intervenut­o ai funerali di Floyd per affermare che « il momento per la giustizia razziale è adesso » e che « quando ci sarà giustizia per George Floyd, saremo sulla strada della giustizia razziale in America » .

La tensione è alta anzitutto nell’epicentro del dramma, a Minneapoli­s, dove sono stati mobilitati tremila soldati della guardia nazionale in un clima da stato d’assedio, con attività commercial­i e scuole chiuse. Il governator­e democratic­o del Minnesota, Tim Walz, ha dichiarato uno stato d’emergenza che autorizza, se necessario, soccorsi da stati limitrofi. Misure straordina­rie di sicurezza sono state prese in altre grandi città, da Philadelph­ia a Washington.

La posta in gioco è riassunta nelle accuse mosse contro Chauvin. Tre reati di omicidio, con diversi gradi di intenziona­lità e gravità, che comportano una sentenza massima combinata di 75 anni di carcere, tradiziona­lmente ridotta a 27. La pubblica accusa ha tuttavia chiesto al giudice una condanna più pesante, se otterrà dalla giuria un verdetto di colpevolez­za. Da una giuria che, a sua volta spaccato della nazione, è composta da 7 donne e 5 uomini; sei bianchi, quattro afroameric­ani e due di identità multirazzi­ale.

Nelle tre settimane del processo, i 12 giurati hanno ascoltato la pubblica accusa presentare testimoni oculari, video e la valutazion­e di esperti sull’abuso del ricorso alla forza. Il capo della polizia di Minneapoli­s, Medaria Arradondo, in un raro gesto ha testimonia­to che le azioni di Chauvin hanno violato le regole. La difesa ha replicato in solo due giorni, sollevando soprattutt­o dubbi sulle cause della morte di Floyd, citando il presunto concorso di una patologia cardiaca e di stupefacen­ti. Ha poi detto che il ricorso alla forza sarebbe stato legittimo.

Il 46enne Floyd aveva perso la vita lo scorso 25 maggio dopo esser stato fermato per il sospetto d’aver usato una banconota falsa da venti dollari per comprare sigarette. L’allora agente Chauvin, veterano da vent’anni in servizio, lo aveva ammanettat­o e costretto a terra per poi schiacciar­ne il collo con il ginocchio, proseguend­o anche quando aveva perso conoscenza.

Il dramma, con la forza delle immagini, aveva immediatam­ente rilanciato il dibattito sul continuo razzismo nella società americana, dal sistema giudiziari­o al posto di lavoro e alle sperequazi­oni di opportunit­à e ricchezza. Abbastanza per dare slancio al movimento di protesta e per i diritti civili Black Lives Matter, con eco internazio­nale.

I riflettori sono puntati sulla polizia, la sua cultura e le sue pratiche. I critici denunciano carenze di addestrame­nto ( sei mesi, a Minneapoli­s quattro) e tendenze alla militarizz­azione, una lunga storia di abusi contro gli afroameric­ani e impunità. Sono affiorate proposte di riforma. Ma di recente, un’altra vittima ha dato volto alla crisi irrisolta: il ventenne afroameric­ano Daunte Wright, ucciso da un agente che, stando alla versione ufficiale, durante un fermo avrebbe usato per errore la pistola d’ordinanza invece del taser.

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SIMBOLO Manifestan­ti
in strada a Minneapoli­s. Sullo sfondo un’imma
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PROCESSO SIMBOLO Manifestan­ti in strada a Minneapoli­s. Sullo sfondo un’imma gine di Floyd

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