Johnson accelera sul clima, - 78% di emissioni entro il 2035
Scatto di Londra alla vigilia del summit sull’emergenza ambientale voluto da Biden Target fissati per legge, limiti anche ai trasporti. L’opposizione: solo retorica
Boris Johnson accelera sulla decarbonizzazione. Il premier ha annunciato che la Gran Bretagna intende ridurre le emissioni nocive del 78% entro il 2035, quindici anni prima del previsto. I nuovi obiettivi saranno stabiliti per legge e per la prima volta imporranno limiti anche al settore dei trasporti aerei, su strada e via nave. « Vogliamo puntare sempre più in alto sulla tutela del clima e per questo abbiamo stabilito i tagli alle emissioni più ambiziosi al mondo » , ha detto Johnson, sottolineando che la mossa non solo è la cosa giusta da fare ma avrà anche un impatto positivo sull’economia britannica, attraendo investimenti e incoraggiando l’innovazione.
L’annuncio del premier, che coincide con il summit virtuale sull’emergenza clima organizzato per domani dal presidente americano Joe Biden, posiziona la Gran Bretagna al primo posto a livello globale nella lotta contro l’effetto serra. Lotta che si fa sempre più difficile, sostiene l’Agenzia internazionale dell’energia ( Aie), che prevede un boom di emissioni nocive nel mondo nel 2021 (+ 5%) dovuto alla ripresa dell’economia dopo la pandemia. Si tratterà del secondo aumento di emissioni più alto della storia, secondo solo a quello che si era verificato un decennio fa dopo la crisi finanziaria. Il boom delle emissioni di CO2 è dovuto all’aumento nell’uso del carbone per generare energia elettrica in Asia ma anche negli Stati Uniti. L’utilizzo del più inquinante tra i combustibili fossili è particolarmente « deludente e preoccupante » , secondo l’Agenzia, perchè il calo dei costi delle fonti di energia rinnovabili le ha rese meno costose del carbone. Solo un intervento deciso e rapido da parte dei Governi può impedire un peggioramento irreversibile della situazione climatica, ha sottolineato l’Aie.
L’impegno della Gran Bretagna, primo Paese avanzato a ridurre le emissioni in tempi così rapidi, intende essere un esempio per altri Governi. Johnson guarda oltre il summit virtuale di Washington alla Conferenza dell’Onu sul cambiamento climatico, Cop- 26, organizzata dal Regno Unito assieme all’Italia, che si terrà a Glasgow in novembre.
Il Governo britannico ha accolto tutte le raccomandazioni della Commissione indipendente sul cambiamento
Allarme dell’Aie: boom di emissioni nocive nel 2021 con la ripresa dell’economia, aumenta l’uso del carbone
climatico ( Ccc), compresa la riduzione entro quindici anni del 78% delle emissioni nocive rispetto ai livelli del 1990. L’obiettivo precedente era di una riduzione del 68% entro il 2030, con il target finale di emissioni zero entro il 2050.
Per centrare gli obiettivi prefissati molti aspetti dell’economia e della vita quotidiana dovranno cambiare. Meno spostamenti in auto, meno viaggi in aereo, meno riscaldamento d’inverno e aria condizionata in estate, ad esempio. Più isolamento termico nelle abitazioni e negli uffici, più utilizzo di fonti rinnovabili di energia, più alberi. Per questo le organizzazioni ambientaliste, pur accogliendo con favore l’annuncio di Johnson, hanno chiesto garanzie sui fondi disponibili per finanziare la difficile transizione a un’economia più verde e hanno sottolineato che nessuno degli obiettivi di riduzione delle emissioni fissati in precedenza è stato raggiunto.
Il divario tra parole e fatti è stato evidenziato anche dal partito laburista all’opposizione, che ha dichiarato che il Governo « deve passare dalla retorica alla realtà » . È inutile fissare obiettivi che non si ha alcuna intenzione di centrare, ha detto Ed Miliband, ministro ombra del Business ed ex leader Labour. Opposizione e ambientalisti hanno criticato numerose recenti decisioni del Governo che secondo loro sono in aperto contrasto con l’obiettivo dichiarato di ridurre le emissioni nocive: come ad esempio il via libera all’apertura di una nuova miniera di carbone in Cumbria, la concessione di diversi permessi di esplorazione per gas e petrolio nel mare del Nord, il taglio degli incentivi per auto elettriche e pannelli solari e infine la riduzione degli aiuti ai Paesi in via di sviluppo, molti dei quali erano mirati a tutelare l’ambiente.