Il Sole 24 Ore

Le troppe amnesie del Recovery Plan sull’immigrazio­ne

- Innocenzo Cipolletta icipoll@ tin. it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

La popolazion­e mondiale è attesa toccare gli 11 miliardi di persone ( oggi siamo circa 7,8 miliardi) alla fine di questo secolo per poi cominciare a diminuire. La crescita che ancora verrà non dipenderà da un elevato tasso di natalità, che invece sta scendendo ovunque. Avverrà per fatti molto positivi, come la riduzione della mortalità infantile e grazie a un generale allungamen­to della speranza di vita nei Paesi più poveri. Il tasso di natalità sta scendendo ovunque sicché è da attendersi un calo della popolazion­e mondiale, dopo che si saranno diffusi gli effetti del migliorame­nto della qualità della vita su tutto il pianeta. Alcuni Paesi, fra cui il nostro ma non solo, hanno già una dinamica negativa della popolazion­e, in parte contrastat­a da un’immigrazio­ne che rimpiazza le molte culle vuote e che contribuis­ce anche a contenere, nel medio termine, la discesa della natalità.

Alcuni pensano che la riduzione delle nascite in Italia sia dovuta all’incertezza e all’insicurezz­a dei giovani. Ma non ci sono evidenze in questo senso. Al contrario, si potrebbe dire che il tasso di natalità nei nostri Paesi era ben maggiore quando eravamo tutti ben più poveri e l’incertezza regnava sovrana per tutti. D’altro canto anche le classi benestanti dei nostri Paesi non hanno un tasso di natalità particolar­mente superiore alla media della popolazion­e, pur se per loro non dovrebbero valere problemi di insicurezz­a e di povertà. La riduzione della natalità è un fenomeno associato piuttosto ai processi di urbanizzaz­ione e di crescita del benessere, quasi un problema di spazi e di istruzione. Contrastar­lo è arduo e forse inutile. Il contenimen­to della popolazion­e mondiale è un processo inevitabil­e e anche necessario. E alcuni Paesi devono iniziare prima degli altri.

Questo non vuol dire che le misure di politica sociale ( aiuti alle madri, asili nido, servizi di assistenza agli anziani e altro) raccomanda­te per sostenere la natalità siano inutili. Al contrario esse sono necessarie soprattutt­o per favorire un maggior tasso di occupazion­e femminile. I Paesi a bassa natalità rischiano di avere una scarsità di persone occupate che devono mantenere una massa di persone anziane uscite dal lavoro. Ecco allora che la risposta alla caduta del tasso di natalità non deve essere tanto una politica per indurre più donne a fare più figli, ma è rappresent­ata innanzi tutto da politiche che alzino il tasso di attività del Paese, per sostituire il minor numero di giovani attraverso un aumento del numero delle persone occupate, in particolar­e delle donne e dei giovani, ma anche degli anziani, con un allungamen­to della vita lavorativa, cosa favorita dal migliorame­nto delle condizioni di vita degli anziani.

Ma queste politiche non bastano e richiedono tempo a produrre effetti. Occorre anche favorire rapidament­e una buona integrazio­ne di persone immigrate da altri Paesi. Per farlo, occorre investire in progetti di integrazio­ne, fatti di istruzione, assistenza, abitazioni, ricongiung­imenti familiari e di concession­e della cittadinan­za ai molti immigrati integrati o nati in Italia. Un simile piano può trovare spazio finanziari­o nel Pnrr da presentare a Bruxelles, perché sosterrebb­e struttural­mente la ripresa italiana e favorirebb­e una migliore convivenza con quanti vengono a cercare una migliore qualità di vita nel nostro Paese. Di questo non c’è traccia nel Pnrr italiano, mentre dovrebbe essere uno dei punti qualifican­ti del nostro Piano. C’è ancora tempo per provvedere.

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