Il Sole 24 Ore

Il prezzo dei diritti per inquinare vola ai massimi storici

Sul mercato Ue la CO2 vola ai massimi storici, sopra 47 euro per tonnellata Prezzo raddoppiat­o dall’autunno, gli esperti: c’è speculazio­ne, non bolla

- Sissi Bellomo

Sul mercato europeo i diritti per le emissioni di CO2 si sono spinti oltre 47 euro per tonnellata, nuovo massimo storico. Il rally, che prosegue da mesi, ha fatto raddoppiar­e i prezzi dallo scorso autunno.

Più cresce l’impegno per la decarboniz­zazione, più dev’essere penalizzat­o chi inquina. C’è una logica stringente dietro i record di prezzo dei diritti per le emissioni di CO2, che sul mercato europeo si sono spinti oltre 47 euro per tonnellata, un nuovo massimo storico. Il rally, che prosegue da mesi, ha fatto raddoppiar­e i prezzi dallo scorso autunno e li ha addirittur­a triplicati rispetto ai minimi toccati a marzo 2020 per lo shock da pandemia.

L’ultimo slancio è legato all’intesa Ue per la legge sulla neutralità climatica, raggiunta mercoledì, ma la corsa è proseguita anche ieri mentre i grandi della Terra si riunivano – su invito della Casa Bianca – a discutere azioni globali in difesa dell’ambiente: un miracolo diplomatic­o, grazie al quale Usa, Cina e Russia hanno accettato nonostante i rapporti tesi di sedersi allo stesso tavolo virtuale.

Sul mercato Eu- Ets sono comunque le politiche europee a ispirare i rialzi della CO2. E la certezza degli operatori è che il numero dei diritti in circolazio­ne non potrà che diminuire, tanto più rapidament­e quanto più i nostri obiettivi climatici diventano ambiziosi. Con l’accordo appena raggiunto, che formalizza gli impegni annunciati lo scorso dicembre, non si torna più indietro: entro il 2030 dovremo abbattere le emissioni del 55% rispetto ai livelli del 1990 ( invece che del 40% come previsto in precedenza) e arrivare all’azzerament­o netto entro il 2050. Gli obiettivi verranno ora trascritti in una legge che entrerà in vigore automatica­mente nei Paesi Ue, senza bisogno di essere recepita dai Parlamenti nazionali, e che a cascata obbligherà a riformare anche il mercato dei diritti di emissione, in modo da ridurre il numero di quote di CO2 a disposizio­ne.

C’è anche la speculazio­ne a guidare il rally. I fondi attivi sul mercato europeo del carbonio – il più liquido del mondo – sono sempre più numerosi e sempre più orientati al rialzo, come evidenziat­o dalle posizioni assunte sui futures: i soggetti finanziari hanno aumentato l’esposizion­e netta lunga ( all’acquisto) a circa 80 milioni di contratti a marzo di quest’anno, da circa 36 milioni alla fine di ottobre 2020.

Gli esperti ritengono comunque che i rialzi siano giustifica­ti dai fondamenta­li. « Il prezzo che vediamo non è artificial­mente gonfiato, non è una bolla » , ha affermato durante un workshop dell’Icis Jan Ahrens, responsabi­le della ricerca di SparkChang­e, una piattaform­a per lo scambio di prodotti finanziari verdi ( diritti sulla CO2 compresi). « L’eccessiva volatilità può essere un problema, ma non il livello dei prezzi. Per servire al suo scopo questo mercato ha bisogno di prezzi alti, purché stabili e affidabili, così le imprese possono compiere scelte di investimen­to utili alla transizion­e » .

Certo, si tratta di un mercato ancora giovane. Ma sta maturando in fretta, grazie anche alla liquidità garantita dagli investitor­i istituzion­ali, che in molti casi operano con una prospettiv­a di lungo periodo: « Si sta sviluppand­o una nuova asset class, in prospettiv­a i diritti sulla CO2 saranno usati da una platea più ampia di investitor­i, per coprirsi dal rischio climatico o dal rischio inflazione » , aggiunge Ariel Perez, partner di Hartree Partners, con un passato in Citigroup e Mercuria. « Siamo solo al primo inning di una lunga partita – concorda Mike Azlen, fondatore e ceo di Carbon Cap Management – Nel giro di una decina d’anni i volumi di trading sul mercato della CO2 crescerann­o dagli attuali 1,3 miliardi di dollari al giorno a 5- 10 miliardi » .

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