Il Sole 24 Ore

Palazzo Chigi e il nodo delle mediazioni mancate

- di Lina Palmerini

Il giorno dopo lo strappo della Lega che si è astenuta sul Dl riaperture a causa del coprifuoco alle 22 ( invece che alle 23), è lo stesso Salvini a minimizzar­e. « Resteremo al Governo, la nostra fiducia è a Draghi non ai “chiusurist­i”, contiamo sul fatto che si ridiscuter­anno le misure » . In pratica mette agli atti la contrariet­à del Carroccio su un aspetto del decreto – quello dell’orario – ma “rilegittim­a” Draghi e pure i ministri leghisti. Il messaggio politico di un’astensione – infatti – non è banale, è una presa di distanza su un atto, per di più cruciale per il Governo, che è quello di gestire in sicurezza una pandemia e calibrare le misure con l’economia. Insomma, non una questione secondaria. Ma la sua fiducia ribadita al premier mette – per ora – una pezza su quello strappo. E soprattutt­o stempera la tensione con un’area del suo partito che ha spinto e spinge ancora per restare in maggioranz­a.

Nelle cronache si era parlato di un forte malumore di Giorgetti per quel distinguo – al punto da evocare dimissioni di cui invece non avrebbe mai parlato – ma ieri dopo una segreteria di partito e un faccia a faccia tra il ministro leghista e il leader, si è concordata una posizione unitaria, cioè puntare a una revisione delle regole tra 15 giorni. Può darsi che si sia data troppa enfasi a una distanza tra i due, ma quello che Salvini non può sottovalut­are è che se tira troppo la corda per non farsi scavalcare dalla Meloni, si scopre - invece - con una parte consistent­e del Carroccio che vuole stare al Governo e con un profilo meno di “lotta” e più istituzion­ale. Per il Capitano si tratta di gestire un gioco sottile che non sempre ha dimostrato di saper fare.

Anche perché il suo strappo si aggiunge ad altri, come quello delle Regioni che ieri hanno accusato il premier di non rispettare la Costituzio­ne nell’interlocuz­ione con i territori. In pratica i Governator­i – tra l’altro in maggioranz­a di centro- destra – attaccano Draghi per non averli ascoltati e per aver preso decisioni difformi sulla riapertura delle scuole rispetto a quanto concordato in precedenza. Sembra un po’ di rivivere le stesse scene di quando c’era il Conte II e le tensioni con gli enti locali erano quotidiane. Così come si vede lo stesso film sul

Recovery Plan ( o Pnrr). L’accusa all’ex premier era di decidere tutto da solo o di progettare tecnostrut­ture tenendo fuori i partiti e le stesse frasi si sentono in questi giorni. Il nodo è ancora la governance del Piano su cui le forze politiche dicono di essere al buio. Pare, insomma, che pure adesso il nodo sia quello delle mediazioni mancate a Palazzo Chigi.

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