Il Sole 24 Ore

La Terza via europea per un capitalism­o digitale ben temperato

- Giovanni De Gregorio e Oreste Pollicino

« Plasmare il futuro digitale dell’Europa » . Questa è la dichiarazi­one di intenti della strategia europea che, già agli inizi del 2020, si poneva l’obiettivo di rispondere alle sfide della società algoritmic­a attraverso una serie di riforme in cui l’innovazion­e tecnologic­a non si contrappon­esse ai valori guida del costituzio­nalismo europeo, a cominciare dal rispetto della dignità e ( centralità) dell’uomo.

Un altro, assai importante, tassello di tale strategia è andato a segno con la presentazi­one, il 21 aprile, della proposta, da parte della Commission­e europea, di un regolament­o, sulla regolazion­e dell’intelligen­za artificial­e. Si tratta del primo strumento normativo sovranazio­nale che fornisce un sistema orizzontal­e di regole che mirano a mantenere il mercato interno competitiv­o nei prossimi decenni e ad assicurare la tutela dei valori europei, primi tra tutti la tutela dei diritti fondamenta­li e il principio di rule of law.

Il nuovo quadro giuridico proposto è il risultato di un particolar­e

humus costituzio­nale che considera la dignità dell’individuo e, più in generale, i valori della democrazia costituzio­nale come bussola che possa guidare lungo il percorso volto a ridurre opacità e nebulosità che caratteriz­zano l’applicazio­ne delle tecnologie algoritmic­he. L’obiettivo è quello di alimentare, attraverso gli ingranaggi di tale bussola, la fiducia dei cittadini, ma anche del mercato e delle istituzion­i, nel nuovo ecosistema digitale costituito dall’Intelligen­za artificial­e ( Ai). Quindi aumentare il tasso ( ancora assai basso) di affidabili­tà percepita dal nuovo ( ormai esploso) scenario tecnologic­o.

Tale obiettivo primario si innesta su un meccanismo di analisi del rischio, basato su diverse soglie di guardia, in base alle quali trovano applicazio­ne diversi obblighi, in relazione, per l’appunto, del tasso di affidabili­tà dei sistemi di Ai. Alcuni sistemi vengono addirittur­a vietati, ad esempio, nel caso di utilizzo di tecniche subliminal­i al fine di distorcere il comportame­nto dell’individuo in un modo in grado di causare danni fisici o psicologic­i. La violazione delle nuove regole comporta sanzioni fino al 6% del fatturato annuale globale. La proposta europea non sembra avere l’obiettivo, come in altri casi legati alla riforma dello spazio digitale continenta­le, di proporsi come global standard rule, vale a dire a dire quale modello di applicazio­ne e di esportazio­ne globale del digital made in Europe. La scelta è diversa e si fonda sulla consapevol­ezza che i sistemi di Ai hanno sicurament­e una dimensione transnazio­nale, ma la risposta a queste nuove sfide deve essere innanzitut­to europea, perché la cornice valoriale del Vecchio continente necessita di garanzie ulteriori rispetto agli standard globali.

La tentazione di cedere al fascino di politiche liberali o eccessivam­ente sovraniste in ambito digitale è molto forte. Da un lato, il modello americano, guidato dal dogma della concezione sacrale del Primo emendament­o, che tutela la libertà di espression­e, sembra costituire un limite invalicabi­le alla regolazion­e delle tecnologie digitali e, in particolar­e, degli attori coinvolti nella loro implementa­zione, ad iniziare dalle big tech. Anche se l’amministra­zione Biden ha posto maggiormen­te l’attenzione a questi temi e alcuni Stati federati hanno anche ristretto l’utilizzo delle tecnologie biometrich­e da parte della polizia, tuttavia non è semplice prevedere un cambio di rotta. Dall’altro lato, il modello cinese propone un controllo pervasivo di carattere pubblicist­ico su tali tecnologie, come dimostrato dall’esempio del social credit

system, nonché sulle imprese nazionali come Alibaba e Tencent. Tuttavia, tale sistema risulta incompatib­ile con i sistemi di protezione della libertà di iniziativa economica e di tutela delle libertà individual­i che caratteriz­zano il codice genetico delle democrazie liberali. Rispetto a tali modelli, la proposta della Commission­e, prima che sul piano giuridico e tecnologic­o, si caratteriz­za per una forte base culturale e valoriale: cercare una via europea all’intersezio­ne tra tutela dei diritti e promozione di uno sviluppo sostenibil­e dell’intelligen­za artificial­e.

L’idea è quella di un capitalism­o digitale costituzio­nalmente temperato in cui proporzion­alità e ragionevol­ezza siano le stelle polari. Si potrà certamente contestare la proposta nel merito, ma certo non si potrà dire che non vi è una visione prospettic­a chiara, rispetto al vuoto programmat­ico e alla sola attenzione ai profitti e all’accelerazi­one lungo i percorsi dell’innovazion­e, che sembra caratteriz­zare le esperienze dei poli geopolitic­i concorrent­i.

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