Tre sfide per progettare infrastrutture e città del dopo pandemia
IL FUTURO PASSA DA SOSTENIBILITÀ DIGITALIZZAZIONE, E COLLABORAZIONE TRA CHI PROGETTA, ESEGUE, COLLAUDA E ANALIZZA I DATI
Il settore delle infrastrutture è sulla soglia di una profonda trasformazione. Sebbene ancora cruciale per la crescita dell’economia e per il benessere delle persone, il settore è tradizionalmente molto frammentato e, anche per questo motivo, si è dimostrato più lento di altri a raccogliere le opportunità dell’innovazione. Gli stravolgimenti causati dalla pandemia e la conseguente spinta verso la sostenibilità e la digitalizzazione, tuttavia, lo stanno spingendo a evolvere verso un nuovo modello, meno concentrato sulla creazione del “prodotto” – ossia la costruzione “pura” –, in favore di un sistema più olistico, disegnato sulla base delle esigenze e delle preferenze, sempre più sofisticate, non solo dei clienti, ma anche degli utenti finali, come strumento di efficienza e di redditività di lungo periodo.
Chi progetta e realizza infrastrutture, oggi, non può non chiedersi come queste si integreranno con il patrimonio esistente e con l’ambiente in cui si inseriscono. Una grande mole di dati può essere sfruttata nella fase di progettazione e utilizzo. Le nuove tecnologie consentono di analizzare virtualmente e fare una stima degli impatti ambientali ed energetici delle infrastrutture, reagendo ai cambiamenti operativi e dando seguito a scenari di risoluzione autonoma. La costruzione off- site può incrementare l’efficienza e ridurre costi, tempi e impatto ambientale delle strutture. Il riciclo dei rifiuti, la demolizione selettiva e il riutilizzo di materiali possono essere il presupposto fondamentale, in particolare, per l’innovazione degli ambienti urbani.
Sono tre le grandi sfide che il settore ha di fronte. Innanzitutto, una nuova nozione di sostenibilità, particolarmente impegnativa per un comparto che in Europa è responsabile del 36% delle emissioni totali, del 40% del consumo di energia, del 50% dell’estrazione di materie prime e del 21% del consumo di acqua. Il cambiamento dovrà coinvolgere tutte le fasi del processo di realizzazione di un’opera, che va disegnata pensando sia all’utilizzo che alla manutenzione e allo smaltimento. Particolare attenzione va posta alla fase di realizzazione: dall’acquisto delle materie prime alle lavorazioni, al consumo di energia fino alla gestione degli scarti e all’uso, recupero e riuso dei materiali secondo i princìpi dell’economia circolare.
La seconda sfida è posta dalla digitalizzazione, per un più efficace utilizzo delle nuove tecnologie e delle informazioni elaborate a partire dai dati raccolti attraverso sensori, droni, satelliti o sistemi di Internet
of things, trasformati per mezzo di algoritmi e applicazioni di intelligenza artificiale in informazioni e, potenzialmente, in conoscenza condivisa. Su questo fronte si prospetta un vero e proprio cambio di paradigma, a partire dall’utilizzo delle tecnologie Bim ( Building information modeling) che consentono analisi significative incrociando dati storici, l’input degli
stakeholder e dati ambientali, fino a giungere alle tecnologie di digital
twin che, replicando digitalmente un’infrastruttura, forniscono strumenti avanzati di supporto al processo decisionale e all’analisi di criticità e peculiarità di un’opera.
La terza sfida, la più cruciale, è tuttavia quella della collaborazione. Il settore delle infrastrutture è parcellizzato in silos, ciascuno specializzato in una fase della sequenza complessa che va dai diversi livelli di progettazione, all’esecuzione, al collaudo e utilizzo, fino alla raccolta e all’elaborazione dei dati. Per raggiungere obiettivi prioritari di recupero di produttività e di miglioramento dei servizi, queste fasi devono invece essere messe in condivisione attraverso piattaforme uniche, superando le tensioni oggi insite all’interno del sistema. Si otterrebbe così un migliore allineamento tra disegno, progetto, realizzazione, fruibilità e gestione, con al centro l’utente finale, finora non valorizzato nel rapporto bilaterale tra fornitori e committenza.
La centralità delle persone è del resto l’elemento chiave intorno al quale ruota l’affermazione delle
smart city, profondamente esemplificative della rivoluzione che investirà il settore nel dopo pandemia. Cambierà il modo di concepire e organizzare gli spazi, privati e pubblici, e il loro utilizzo. Cambieranno gli spazi dell’abitare e le loro funzioni, ma cambieranno anche gli spazi destinati al lavoro, con uffici sempre più pensati come luoghi di incontro e interazione, deputati allo svolgimento delle attività più prettamente collaborative pur senza dimenticare le esigenze del lavoro da remoto. E muteranno anche le strutture di collegamento tra questi spazi sempre meno definiti e più ibridi, ripensati secondo un paradigma che farà della multifunzionalità uno dei suoi cardini. Si modificheranno le modalità di costruzione di abitazioni, uffici e infrastrutture; l’intero spazio urbano sarà toccato da questo processo trasformativo e verrà ridisegnato anche in funzione degli input derivanti dalla raccolta e analisi di dati che raccontano la città e le sue esigenze attraverso, ad esempio, la gestione di eventi ( scioperi, manifestazioni, emergenze) in tempo reale.
Per realizzare questo nuovo disegno delle città e delle infrastrutture sottostanti sarà necessario il contributo di tutti i soggetti attivi nel settore: architetti, ingegneri, costruttori, erogatori di servizi di utilità pubblica. Tutti saranno chiamati a dare un contributo alla ridefinizione delle città e delle loro infrastrutture attraverso piattaforme digitali e supporto cloud, con l’obiettivo di partecipare a un processo collettivo e rigenerativo virtuoso ed efficace, incentrato sui bisogni dell’utente finale e pensato per portare valore alla comunità, oltre che nuova redditività per il settore.