I giudici di Cagliari congelano la rifondazione: 5 Stelle nel caos
La Corte d’Appello certifica l’assenza di un leader. Conte pensa al ricorso d’urgenza per avere gli iscritti da Casaleggio, pressing per un partito nuovo
La Corte d’appello di Cagliari ha respinto il ricorso dell’ex reggente M5S Crimi contro la nomina di un curatore legale: si certifica quindi che il partito è senza un soggetto legittimato a rappresentarlo. Per Conte si concretizza la peggiore delle ipotesi: il progetto di rifondazione del M5s, sulla base dell’europeismo e dell’ecologismo integrale, subisce uno stop.
« Votiamo Fedez » , butta lì con ammirevole ironia un deputato del M5s nelle chat infuocate dopo la sentenza della Corte d’appello di Cagliari che, respingendo il ricorso dell’ex reggente Vito Crimi contro la nomina di un curatore legale nella persona dell’avvocato Silvio De Murtas, ha di fatto certificato che il partito politico che esprime il primo gruppo parlamentare è senza un soggetto legittimato a rappresentarlo. Acefalo, dunque. Per Giuseppe Conte, che sperava in un ribaltamento della decisione di primo grado, si è concretizzata la peggiore delle ipotesi. Di fatto il suo progetto di rifondazione del M5s sulla base dell’europeismo e dell’ecologismo integrale subisce uno stop violento.
Per i giudici le espulsioni decretate da Crimi dei parlamentari che non hanno votato la fiducia a Draghi non sono legittime ( il pronunciamento di Cagliari è arrivato appunto dopo il ricorso di un’ espulsa, Carla Cuccu) perché in quel momento Crimi non era già più reggente, visto che nel frattempo lo Statuto era stato cambiato cancellando la figura del capo politico e istituendo un direttorio di 5 membri. La strada più razionale, in punta di Statuto, sarebbe ora quella di votare il nuovo direttorio. Se non fosse che lo Statuto stabilisce che ogni votazione può avvenire solo sulla piattaforma Rousseau, come si affretta a notare il presidente dell’associazione Davide Casaleggio: « Ma a causa della forte esposizione debitoria maturata dai parlamentari del M5s il personale è attualmente in cassa integrazione e quindi la piattaforma non si può usare » . La strada alternativa immaginata nei giorni scorsi da Conte, ossia far votare agli iscritti del M5s la sua “incoronazione” su una piattaforma autonoma, è comunque sbarrata: l’elenco e i dati degli iscritti, pur appartenendo al movimento, sono nelle mani di Casaleggio, il quale non li consegna perché non c’è « alcun rappresentante legale politico » . L’incastro perfetto, la tempesta perfetta.
Da oggi le possibilità davanti a Conte non sono molte. L’ex premier sta pensando di fare ricorso d’urgenza ex articolo 700 del codice di procedura civile per ottenere l’elenco degli iscritti, ma la strada appare giuridicamente ardua. L’alternativa è risolvere la questione economica con Casaleggio e procedere alla nomina del direttorio a 5 di cui tuttavia Conte non potrebbe far parte ( bisogna essere iscritti almeno dal 30 giugno 2020). Ma è chiaro che in questo modo i tempi della rifondazione contiana si allungherebbero molto, rischiando di scavallare l’estate e la tornata di amministrative d’autunno. Resta sempre la possibilità di rinunciare al simbolo e fare un altro partito, come suggeriscono a Conte alcuni big pentastellati e alcuni degli amici del Pd. Con il possibile effetto paradossale, in quest’ultimo caso, che in Senato il gruppone del M5s si ritrovi nel gruppo misto perché non più collegato a una lista presentatasi alle ultime politiche. Chiosa un anziano del movimento come Vincenzo Spadafora, che invita Conte a convocare subito una grande assemblea degli eletti a tutti i livelli: « Se il Pd vuole confrontarsi con noi su Roma e sulle altre città quale numero di telefono deve comporre? Qualcuno dovrà assumersi queste responsabilità e se Conte pensa di aspettare anche le elezioni comunali per scendere in campo rischia di non trovare più nulla » . Già.