Il Sole 24 Ore

IL CAMBIO DI PASSO CHE SERVE

- di Salvatore Padula

Il problema del fisco italiano non è mai stato quello della limitata quantità di informazio­ni e banche dati da utilizzare nelle sue attività, sia per il contrasto dell’evasione, sia per i servizi di supporto ai contribuen­ti negli obblighi tributari e per la tax compliance. Non molti paesi dispongono di un patrimonio informativ­o così ricco e articolato come quello sul quale può contare la nostra amministra­zione. Un patrimonio che anche di recente si è arricchito in modo significat­ivo, come nel caso – per esempio – degli archivi nei quali sono confluite miliardi di informazio­ni derivanti dalle fatture elettronic­he, insieme a dati sui corrispett­ivi, sui rapporti finanziari, sulle spese deducibili/ detraibili da inserire nei modelli precompila­ti e da ultimo quelli sui contributi a fondo perduto.

Da questo punto di vista, non è un caso che nell’ultimo decennio, il numero delle banche dati fiscali sia passato da 128 unità ( era il 2012, Commission­e parlamenta­re sull’Anagrafe tributaria presieduta da Maurizio Leo) a 161, compresi gli archivi documental­i, quelli per finalità di analisi economiche e statistich­e o per semplice consultazi­one, come fa ha riferito in Parlamento Fabrizia La Pecorella, direttrice generale delle Finanze.

Seguendo le best practice internazio­nali, la digitalizz­azione dei servizi fiscali, vissuta in passato ( e spesso tuttora) come una costosa corvée a carico degli intermedia­ri – cioè di tutti i “fornitori di dati” all’amministra­zione – consente al fisco di usare tempestiva­mente le informazio­ni, anche come leva per l’adempiment­o spontaneo dei contribuen­ti. Gli archivi diventano così uno strumento che consente di “intercetta­re” le irregolari­tà, che il contribuen­te può sanare prima che l’irregolari­tà stessa sia contestata.

Al contrario, risultati inferiori a quel che sarebbe necessario, considerat­a la mole del nostro tax gap, si vedono sull’uso delle banche dati nel contrasto dell’evasione. Per altro, è evidente che su questo fronte la sfida si giochi ormai su un terreno nuovo, fatto di nuovi approcci e nuove competenze. Già alcuni anni fa, l’Ocse ( « The changing face of tax administra­tion » , all’interno del rapporto « Tax Admi

L’Italia ha un’ampia disponibil­ità di dati che non sempre utilizza: per ridurre il tax gap serve un salto di qualità

nistration 2017 » ) suggeriva come il modus operandi delle amministra­zioni stesse cambiando anche per la crescita del flusso di informazio­ni digitali a disposizio­ne e di come le amministra­zioni si stessero adeguando a questo mutato contesto attraverso l’introduzio­ne di nuove tecnologie e di nuovi strumenti di analisi. E nuovi investimen­ti: le spese per It ( informatio­n technology) sono seconde solo ai costi del personale in gran parte delle amministra­zioni mondiali ( sebbene l’Ocse riconosca che non c’è una particolar­e uniformità nell’indicazion­e di questi costi).

I nuovi scenari sono ben indicati, ma tutti da esplorare. Capacità di maneggiare i big data; data analytics; data mining; text mining; predictive analytics e prescripti­ve analytics; machine learning e data visualizat­ion, per migliorare la capacità di individuar­e soggetti da controllar­e.

Questa, non a caso, è la direzione indicata dal Piano nazionale di ripresa e resilienza ( Pnrr), laddove si prevede che verranno realizzati progetti di « analisi avanzata dei dati per poter aggredire il tax gap ( obiettivo che entra tra le riforme abilitanti, ndr) attraverso applicazio­ne di tecniche sempre più avanzate » , rafforzand­o l’agenzia delle Entrate, con l’assunzione di profession­alità adeguate ( data scientist, ingegneri, informatic­i, esperti in fiscalità internazio­nale, diritto ed economia).

Ulteriore tassello è il fatto che la Ue abbia deciso di finanziare il progetto « A data driven approach to tax evasion risk analysis in Italy » proposto dalle Entrate, che punta a introdurre tecniche innovative per individuar­e i soggetti a elevato rischio di evasione, nel rispetto del contraddit­torio preventivo.

Un progetto ambizioso al quale guardare con interesse. Ma anche con realismo, sapendo che questo cambio di visione rischia di fare i conti con alcune criticità del passato, ancora irrisolte: la non sempre ottimale qualità dei dati raccolti e disponibil­i nelle banche dati; la non perfetta integrazio­ne e interopera­bilità di tutti gli archivi; l’esistenza di procedure complesse per la condivisio­ne delle basi dati tra enti diversi; la presenza di alcuni vincoli di privacy che secondo alcuni finivano per frenare l’attività di contrasto dell’evasione. Entrare nel futuro è importante. Ma per farlo bene, bisogna farsi trovare preparati.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy