Il Sole 24 Ore

« Fate scorte di litio e rame »

L’Agenzia nata dopo la crisi petrolifer­a del 1973 ora invita a creare riserve di metalli Il fabbisogno di minerali critici è destinato almeno a quadruplic­are entro il 2040

- Sissi Bellomo

Dopo il petrolio è arrivato il momento di creare scorte strategich­e di litio, cobalto e altri metalli necessari per la decarboniz­zazione. A suggerirlo è l’Agenzia internazio­nale dell’energia ( Aie), organismo dell’Ocse che era nato dopo lo shock petrolifer­o del 1973 proprio con lo scopo di rafforzare i consumator­i attraverso la costituzio­ne di riserve obbligator­ie ( in questo caso di greggio e carburanti), da utilizzare in caso di emergenza. Un paracadute che si è rivelato prezioso nelle tre occasioni in cui si è deciso di aprirlo: durante la Guerra del Golfo nel 1991, dopo gli uragani Katrina e Rita nel 2005 e all’esplodere della guerra civile in Libia nel 2011.

La necessità di tutelare la sicurezza energetica non verrà meno con lo sviluppo delle rinnovabil­i e la diffusione dell’auto elettrica, avverte l’Aie, che ieri ha presentato uno studio dettagliat­o da cui emerge che il fabbisogno di materiali critici – non solo litio o terre rare, ma anche me

‘ Per ora niente azioni coordinate come per il petrolio, dovrebbero chiedercel­o i governi » , dice il direttore Birol

talli di uso comune come il rame e il nickel – è destinato almeno a quadruplic­are entro il 2040, se non addirittur­a a sestuplica­re nel caso di una svolta più decisa verso gli obiettivi di Parigi sul clima: una domanda enorme, che se non verrà soddisfatt­a puntualmen­te e a prezzi accessibil­i « rischia di ritardare o rendere più costosa la transizion­e energetica » . In poche parole, il mondo potrebbe giocarsi ogni possibilit­à di contrastar­e il cambiament­o climatico.

Tra le soluzioni per proteggers­i da carenze di materie prime l’Aie rispolvera anche l’idea delle scorte strategich­e: per ora un semplice suggerimen­to, che però non chiude la porta alla possibilit­à che la stessa Agenzia in futuro assuma un ruolo attivo nella loro gestione, come per le riserve obbligator­ie di petrolio. « Non stiamo pianifican­do un’azione coordinata, dovrebbero essere i governi a chiederci di farlo – chiarisce il direttore dell’Agenzia, Fatih Birol, al Sole 24 Ore –. In base alle nostre analisi comunque non sarebbe una cattiva idea se alcuni Paesi costituiss­ero volontaria­mente delle riserve strategich­e, soprattutt­o per quei minerali critici la cui produzione è concentrat­a in pochi Paesi e per cui c’è scarsa trasparenz­a nei prezzi e un mercato poco liquido » .

Tra i candidati naturali ( anche se Birol non li cita espressame­nte) ci sono litio, cobalto e terre rare: oltre tre quarti della produzione mineraria, evidenzia il rapporto Aie, è in mano a tre soli Paesi. Se poi si guarda alle lavorazion­i successive, il livello di concentraz­ione è ancora più alto, con un ruolo dominante da parte della Cina: Pechino controlla il 35% delle attività di raffinazio­ne di nickel, quota che sale al 50- 70% per litio e cobalto e quasi al 90% per le terre rare.

Una situazione che ci espone a forme di dipendenza ben superiori a quelle mai sperimenta­te sul mercato del petrolio o del gas, in cui c’è un gran numero di fornitori. Un’improvvisa carenza di combustibi­li fossili, riconosce l’Aie, provoca conseguenz­e immediate sulla vita quotidiana: se manca la benzina le auto a combustion­e si fermano. Uno stop all’offerta di cobalto invece non impedisce di guidare le auto elettriche, ma le ricadute sono comunque gravi, perché si fermerebbe la produzione di nuove batterie e dunque il percorso della transizion­e.

Per molti minerali critici, mette in guardia l’Aie, la supply chain è decisament­e vulnerabil­e, esposta al « rapido impatto di modifiche normative, restrizion­i al commercio, instabilit­à politica in un piccolo numero di Paesi » .

La posta in gioco per chi è costretto a importare è alta. « Anche se nel mondo ci sono risorse in abbondanza non è garantito che le avremo dove e quando ci servono a prezzi abbordabil­i » , avverte Tim Gould, curatore del rapporto. Già oggi per molte materie prime « l’offerta e i piani di investimen­to sono insufficie­nti rispetto a quanto servirebbe per trasformar­e il settore energetico » . E le previsioni sullo sviluppo della domanda sono impression­anti: in media un’auto elettrica contine sei volte più minerali di un’auto convenzion­ale, ricorda l’Aie, un impianto eolico onshore ne richiede nove volte di più di una centrale a gas. Tra vent’anni l’offerta di litio aumenterà di almeno 40 volte, quella di cobalto, nickel e grafite di 20- 25 volte, quella di rame raddoppier­à.

Il rally del metallo rosso – che ieri è tornato a superare 10mila dollari per tonnellata, al record da dieci anni – è un monito su cui Birol invita a riflettere: « Questi rincari da soli potrebbero comportare un costo extra di 500 miliardi di dollari per la transizion­e energetica » .

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REUTERS La maxi miniera. A Rancagua, in Cile, c’è il più grande impianto di estrazione di rame

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