La battaglia sulle tecnologie che attraversa 5G e chip
Alla base dei timori di Usa e Ue la metamorfosi cinese in fucina di innovazione
La fabbrica del mondo diventata fucina di innovazione. È in questa trasformazione della Cina che si annida il senso di quei timori, strategici, attorno ai quali si è combattuta e si sta ancora combattendo una battaglia con gli Usa e di riflesso con l’Europa a colpi di dazi commerciali, prima e di tanto altro in seguito. Un corpo a corpo la cui escalation è stata determinata in partenza, un triennio fa, da un numero che ha suscitato molta attenzione: 10 per cento. Uno su dieci fra i brevetti essenziali per la costruzione delle reti 5G era in mani cinesi, e in particolare di Huawei.
Il 5G come emblema della supremazia tecnologica ha rappresentato e sta continuando a rappresentare un punto chiave nella definizione degli equilibri internazionali fra gli Usa e la Cina, con l’Europa nel mezzo a cercare di trovare il bandolo di una matassa che si è andata via via aggrovigliando fra le scelte politiche di maggiore o minore accoglienza del 5G cinese fra i vari Paesi.
Il 5G resta un punto di grande attenzione in cui le pressioni americane sono molto forti e le misure prese da vari Paesi europei stanno generando difficoltà non da poco a quella Huawei che, senza il muro contro muro iniziato con l’amministrazione Trump, non avrebbe avuto difficoltà a consolidare una leadership inattaccabile in questo settore. Nel quale, oltre
Alle reti di quinta generazione si è aggiunta la problematica dei semiconduttori
alle europee Ericsson e Nokia, a dare le carte sono proprio le cinesi Huawei e Zte.
Alla “dipendenza” dalla Cina sul 5G, che comunque è stata molto ridimensionata, sta affiancandosi una problematica che si vuole risolvere anche attirando, invece di bloccare investimenti. L’emergenza oggi sta nella penuria di semiconduttori o microchip: in parte residuo della pandemia, ma anche effetto collaterale dello scontro fra Cina e Usa, con l’Europa sempre nel mezzo. Il commissario per l’Industria Thierry Breton ha indicato nella carenza globale di chip che sta sconvolgendo l’industria automobilistica e le forniture di prodotti elettronici la prova che è ora di muoversi. « Vogliamo tornare alla nostra precedente quota di mercato per soddisfare le esigenze dei nostri settori » , ha detto Breton in un’intervista a Bloomberg News. La quota europea di produzione di semiconduttori è diminuita nel corso degli anni perché la Ue è stata « troppo ingenua, troppo aperta » .
I semiconduttori rappresentano una categoria di prodotti in cui nella Ue negli ultimi decenni si è pesantemente esternalizzato rendendo i Paesi europei dipendenti dalle forniture estere. L’Europa una volta rappresentava una grossa fetta della produzione di chip per poi vedere un crollo da una quota di mercato globale di circa il 44% nel 1990 a quasi il 10% di oggi. Adesso l’obiettivo è raddoppiare la produzione all’interno della Ue entro il 2030.