Borse in rialzo con le trimestrali, ma resta la paura dell’inflazione
La retromarcia della Yellen sul possibile rialzo dei tassi sostiene i listini: bene Milano (+ 2,03%) Cala la volatilità ma rimane sopra i livelli pre Covid: gli operatori temono il surriscaldarsi dell’economia
L’area di allerta per il rendimento del decennale Usa è compresa tra 1,75 e 2 per cento
Da un lato l’effetto Janet Yellen. Dall’altro la dinamica delle trimestrali. Così può spiegarsi, in linea di massima, il perchè del rimbalzo di ieri delle Borse. Martedì scorso il Segretario del Tesoro statunitense era parso preoccupato per il rischio d’inflazione negli Usa. Un timore che, a suo dire, induceva il possibile intervento della Fed su tassi. L’affermazione non poteva che andare indigesta ai mercati. E questi, nella classica reazione “pavloviana”, sono scesi. La stessa Yellen tuttavia, nella nottata di martedì a contrattazioni chiuse, ha corretto il tiro. « Non credo - ha detto - che ci sia un problema d’inflazione » , ma se così fosse la Federal reserve lo gestirà. Al ché, ieri, i mercati europei ( le principali Borse asiatiche erano chiuse) hanno tirato un sospiro di sollievo. Piazza Affari, mentre Wall Street viaggiava in positivo, ha archiviato la giornata in rialzo del 2,03%. Bene Francoforte (+ 2,12%), Parigi (+ 1,4%) e Londra (+ 1,68%). L’indice Stoxx 600 dal canto suo, anche grazie all’eccelerazione delle risorse di base (+ 4,74%) e dell’Oil & Gas (+ 3,23%), è cresciuto (+ 1,82%). La dinamica, peraltro, è stata agevolata dai dati trimestrali. Non solo in Europa ( a Milano positive Intesa e Stellantis) ma anche negli Usa. A Wall Street General Motors è andata meglio delle previsioni e, in generale, l’ 87% delle società che finora ha pubblicato i dati ha battuto le stime.
Rumori di fondo e inflazione
Tutto rose e fiori, quindi? La realtà è più complicata. La riprova arriva dall’indice che misura la volatilità. Il Vix, seppure dopo la fiammata di martedì ( oltre quota 21) sia tornato su livelli inferiori ( 18,4), rimane strutturalmente più in alto dei valori pre pandemia. È una sorta di rumore di fondo che segnala come il mercato non si fidi. Lo stesso ultimo sondaggio di BofAML mostra sì, che il maggiore rischio per gli investitori è il cosiddetto “taper tantrum” ( cioè la riduzione nel programma di acquisti di bond da parte delle banche centrali) ma al secondo posto si piazza proprio l’inflazione.
Quell’indice ( tendenziale) dei prezzi al consumo che a marzo, nell’area dell’Ocse, è salito al 2,4% dall’ 1,7% di febbraio. Il balzo è stato causato da dinamiche opposte: da un lato i prezzi dell’energia in aumento del 7,4%; e, dall’altro, il calo del listino degli alimentari che ha rallentato al 2,7%. « A ben vedere - spiega Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte Sim - il tema principale resta quello delle mosse degli istituti centrali » . Le Borse, drogate di “monetadone”, non vogliono sentire parlare di riduzione della liquidità. E, però, « vedendo i piani fiscali in Europa e Usa e toccando con mano la salita dei prezzi delle materie prime, non si convincono che l’inflazione possa essere temporanea » . Con il che l’incertezza sulle politica monetarie rimane.
I tassi di mercato
Fin qui alcune suggestioni sui listini e le banche centrali. Gli operatori, tuttavia, guardano anche ai rendimenti del reddito fisso. Non tanto in Europa ( ieri il tasso del BTp decennale è rimasto praticamente invariato allo 0,85%), quanto piuttosto negli Stati Uniti. Lo yield dell’emissione decennale americava, nell’ultima seduta, viaggiava intorno all’ 1,6%. Si tratta di un livello ancora al di sotto di quella forchetta tra l’ 1,75 e il 2% cui molti operatori attribuiscono un importante valore segnaletico. Fino a quando il rendimento del Treasury resta inferiore all’area indicata, o non va oltre il suo tetto superiore, l’appetibilità in generale dell’azionario rimane intatta. Non solo. Le società hi tech, in quanto titoli “growth”, sono valutate in funzione della redditività futura. Profittabilità che, nel momento in cui il costo del capitale aumenta, viene stimata in frenata. A fronte di ciò ben si capisce perchè gli operatori, che sanno quanto pesino le tecnologie a Wall Street, monitorano il Treasury nei sui movimenti. Già, i movimenti del Treasury. Quali, invece, quelli dei cambi azionari? L’euro contro il dollaro, a fine della giornata in cui l’Ism Usa è risultato inferiore alle stime, era scambiato intorno al valore di 1,20.