Il Sole 24 Ore

Borse in rialzo con le trimestral­i, ma resta la paura dell’inflazione

La retromarci­a della Yellen sul possibile rialzo dei tassi sostiene i listini: bene Milano (+ 2,03%) Cala la volatilità ma rimane sopra i livelli pre Covid: gli operatori temono il surriscald­arsi dell’economia

- Vittorio Carlini

L’area di allerta per il rendimento del decennale Usa è compresa tra 1,75 e 2 per cento

Da un lato l’effetto Janet Yellen. Dall’altro la dinamica delle trimestral­i. Così può spiegarsi, in linea di massima, il perchè del rimbalzo di ieri delle Borse. Martedì scorso il Segretario del Tesoro statuniten­se era parso preoccupat­o per il rischio d’inflazione negli Usa. Un timore che, a suo dire, induceva il possibile intervento della Fed su tassi. L’affermazio­ne non poteva che andare indigesta ai mercati. E questi, nella classica reazione “pavloviana”, sono scesi. La stessa Yellen tuttavia, nella nottata di martedì a contrattaz­ioni chiuse, ha corretto il tiro. « Non credo - ha detto - che ci sia un problema d’inflazione » , ma se così fosse la Federal reserve lo gestirà. Al ché, ieri, i mercati europei ( le principali Borse asiatiche erano chiuse) hanno tirato un sospiro di sollievo. Piazza Affari, mentre Wall Street viaggiava in positivo, ha archiviato la giornata in rialzo del 2,03%. Bene Francofort­e (+ 2,12%), Parigi (+ 1,4%) e Londra (+ 1,68%). L’indice Stoxx 600 dal canto suo, anche grazie all’eccelerazi­one delle risorse di base (+ 4,74%) e dell’Oil & Gas (+ 3,23%), è cresciuto (+ 1,82%). La dinamica, peraltro, è stata agevolata dai dati trimestral­i. Non solo in Europa ( a Milano positive Intesa e Stellantis) ma anche negli Usa. A Wall Street General Motors è andata meglio delle previsioni e, in generale, l’ 87% delle società che finora ha pubblicato i dati ha battuto le stime.

Rumori di fondo e inflazione

Tutto rose e fiori, quindi? La realtà è più complicata. La riprova arriva dall’indice che misura la volatilità. Il Vix, seppure dopo la fiammata di martedì ( oltre quota 21) sia tornato su livelli inferiori ( 18,4), rimane struttural­mente più in alto dei valori pre pandemia. È una sorta di rumore di fondo che segnala come il mercato non si fidi. Lo stesso ultimo sondaggio di BofAML mostra sì, che il maggiore rischio per gli investitor­i è il cosiddetto “taper tantrum” ( cioè la riduzione nel programma di acquisti di bond da parte delle banche centrali) ma al secondo posto si piazza proprio l’inflazione.

Quell’indice ( tendenzial­e) dei prezzi al consumo che a marzo, nell’area dell’Ocse, è salito al 2,4% dall’ 1,7% di febbraio. Il balzo è stato causato da dinamiche opposte: da un lato i prezzi dell’energia in aumento del 7,4%; e, dall’altro, il calo del listino degli alimentari che ha rallentato al 2,7%. « A ben vedere - spiega Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte Sim - il tema principale resta quello delle mosse degli istituti centrali » . Le Borse, drogate di “monetadone”, non vogliono sentire parlare di riduzione della liquidità. E, però, « vedendo i piani fiscali in Europa e Usa e toccando con mano la salita dei prezzi delle materie prime, non si convincono che l’inflazione possa essere temporanea » . Con il che l’incertezza sulle politica monetarie rimane.

I tassi di mercato

Fin qui alcune suggestion­i sui listini e le banche centrali. Gli operatori, tuttavia, guardano anche ai rendimenti del reddito fisso. Non tanto in Europa ( ieri il tasso del BTp decennale è rimasto praticamen­te invariato allo 0,85%), quanto piuttosto negli Stati Uniti. Lo yield dell’emissione decennale americava, nell’ultima seduta, viaggiava intorno all’ 1,6%. Si tratta di un livello ancora al di sotto di quella forchetta tra l’ 1,75 e il 2% cui molti operatori attribuisc­ono un importante valore segnaletic­o. Fino a quando il rendimento del Treasury resta inferiore all’area indicata, o non va oltre il suo tetto superiore, l’appetibili­tà in generale dell’azionario rimane intatta. Non solo. Le società hi tech, in quanto titoli “growth”, sono valutate in funzione della redditivit­à futura. Profittabi­lità che, nel momento in cui il costo del capitale aumenta, viene stimata in frenata. A fronte di ciò ben si capisce perchè gli operatori, che sanno quanto pesino le tecnologie a Wall Street, monitorano il Treasury nei sui movimenti. Già, i movimenti del Treasury. Quali, invece, quelli dei cambi azionari? L’euro contro il dollaro, a fine della giornata in cui l’Ism Usa è risultato inferiore alle stime, era scambiato intorno al valore di 1,20.

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Le due statue che si “confrontan­o” davanti alla Borsa di Francofort­e
REUTERS Orso e Toro a confronto. Le due statue che si “confrontan­o” davanti alla Borsa di Francofort­e

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