Il silenzio del Colle sui giudici e l’attesa per la riforma
Non è un buon segnale quello che sta accadendo sulla Commissione parlamentare di inchiesta sulla magistratura che già prima di nascere diventa terreno di lotte politiche. Ieri, centro- destra da una parte e Pd, 5 Stelle e Leu dall’altra, sono arrivati allo scontro sulla scelta di nominare i relatori dei progetti di legge che ne prevedono l’istituzione – Conte di Leu e Ceccanti del Pd - perché sospettati di frenarne il debutto. È chiaro che la diffidenza reciproca mette in pericolo tutto il progetto di riforma della giustizia che è parte integrante del Piano Ue. In sostanza, per la Cartabia la strada resta in salita tant’è che il grosso del pacchetto è slittato a fine anno.
Non la riforma del Csm, però. La commissione che si è insediata al ministero – presieduta da Massimo Luciani - dovrebbe arrivare alle conclusioni a metà mese per consentire al Governo di presentare emendamenti al provvedimento già in itinere e che il Pnrr prevede venga calendarizzato in Aula a giugno. Dunque, tra qualche giorno si potranno verificare i margini successo di un progetto atteso e mai decollato. Era stato il capo dello Stato, all’indomani del primo scandalo Palamara, a denunciare « un quadro sconcertante di manovre per veicolare le nomine di importanti procure » e chiedere di accelerare le riforme per restituire credibilità ai giudici. Non compete a me, disse, ma ad altre istituzioni di occuparsi di scrivere nuove norme che attengono il Csm « nel rispetto della Costituzione e in vista della annunciata stagione di riforme sulla giustizia » . Era giugno 2019, nulla è cambiato.
In queste ore di nuovo Mattarella viene spinto a intervenire su altri verbali ( dell’avvocato Piero Amara) e su altri scontri interni alla magistratura ma sulla vicenda ci sono ben quattro procure che hanno aperto un’inchiesta e qualsiasi interferenza sarebbe indebita e illegittima. Questo è il senso del silenzio del capo dello Stato, rispettare il dettato costituzionale e il lavoro dei giudici. A maggior ragione in un clima così avvelenato, diventa indispensabile seguire quella che è la corretta fisiologia dei rapporti tra poteri dello Stato. Oggi sarà al Csm ma non è previsto che parli perchè saranno i magistrati a far luce sulla vicenda Amara, non il capo del Csm a cui competono questioni attinenti al funzionamento dell'organo di autogoverno.
Resta l’amarezza nel vedere segnali non incoraggianti per il buon esito di una riforma che è un tassello fondamentale di quel Piano Ue che Mattarella vorrebbe vedere ben avviato nel momento in cui lascerà il Quirinale.