Uso politico del Recovery Fund, l’Ungheria accende il dibattito
Timori sulle risorse destinate alle università, sempre più controllate dal governo Non è chiaro se i meccanismi di controllo Ue eviteranno abusi nei Paesi dell’Est
Un centinaio di esperti della Commissione europea, aiutati anche da funzionari nazionali, stanno analizzando da qualche giorno i piani di rilancio che i Ventisette stanno inviando a Bruxelles. Non si tratta solo di spendere il denaro nel miglior modo possibile, ma anche di evitare che i fondi siano utilizzati a danno dello Stato di diritto. Una domanda circola insistentemente a Bruxelles: come scongiurare che il denaro venga usato dai leader più controversi per rafforzare il loro potere?
Il tema è emerso nei giorni scorsi. Il premier ungherese Viktor Orbán ha fatto approvare una radicale riforma del sistema universitario. Gli 11 più importanti atenei del Paese verranno gestiti da fondazioni composte principalmente da esponenti vicini al potere in carica. Nei nuovi consigli di amministrazione vigerà la regola della cooptazione, dando al partito Fidesz un ruolo pressoché dominante. La riforma è stata introdotta nella Costituzione con una maggioranza dei due terzi.
Le università ungheresi riceveranno nuove risorse per un totale di tre miliardi di euro, secondo la stampa locale. Il governo ha spiegato che la riforma serve « a modernizzare l’istruzione superiore, facilitando la collaborazione con il mondo privato » e « a garantire l’indipendenza di queste istituzioni al di là del potere in carica » . Invece, l’opposizione nel Paese parla di messa sotto tutela del settore universitario, e accusa il governo di « privatizzazione degli atenei » .
La vicenda ungherese ha provocato nuovi timori su un eventuale uso controverso del denaro proveniente dal Fondo per la ripresa da 750 miliardi di euro. Commenta da Helsinki Petri Sarvamaa, deputato popolare finlandese e relatore in Parlamento del testo legislativo che introduce uno specifico meccanismo di controllo del bilancio: « Il nostro regolamento è molto solido. La sfida per la Commissione europea sarà però di argomentare un eventuale caso in modo incontrovertibile » .
Nei giorni scorsi, l’ombudsman polacco per i diritti civili, Adam Bodnar, si è detto preoccupato dalla deriva del suo Paese, che potrebbe diventare « non democratico » . Il giurista parla di una « Polexit giuridica » . Sempre alla fine di aprile, un rapporto comunitario ha messo l’accento sulla posizione di Andrej Babis, accusato di conflitto d’interesse nell’uso di fondi europei tra il suo incarico di primo ministro ceco e la sua attività di imprenditore. Anche in Slovenia o in Bulgaria i dirigenti politici sono sotto attacco.
Come detto, l’Unione si è appena dotata di un meccanismo di controllo dello Stato di diritto per proteggere il bilancio comunitario da frodi e altre ruberie. Non solo le nuove regole sono oggetto di ricorso, ma non è chiaro quanto possano scongiurare un uso prettamente politico, diretto o indiretto, dei fondi, tale da rafforzare il potere di leader che già oggi mettono in dubbio la democrazia in Europa dell’Est e sono nel mirino della Commissione europea e della Corte europea di Giustizia.
« In un primo tempo – spiega un funzionario comunitario - l’analisi dei piani di rilancio avverrà in modo trasversale, in base a criteri tra i quali non c’è propriamente quello dello Stato di diritto. Ciò detto, esistono salvaguardie. Non dimentichiamo che i piani devono rispettare le raccomandazioni- Paese. Se guardiamo per esempio a quelle relative alla giustizia, in quattro Paesi queste ultime hanno a che fare con l’indipendenza della magistratura » .
I quattro Stati membri sono la Polonia, l’Ungheria, Malta e la Slovacchia. Commenta al Sole 24 Ore, il commissario alla Giustizia, l’ex ministro degli Esteri e delle Finanze belga Didier Reynders: « La Commissione valuterà se i piani nazionali tengano conto delle raccomandazioni- Paese. La mia attenzione sarà rivolta ad affrontare le sfide legate all’efficienza, alla digitalizzazione e all’indipendenza dei tribunali - fattori chiave per il contesto imprenditoriale » .
Per Bruxelles, la sfida sarà di effettuare un controllo non solo economico ma anche giuridico, evitando accuse di parzialità. Secondo il centro- studi Notre Europe di Parigi, nel 2021- 2027 il denaro proveniente sia dal bilancio comunitario che dal Fondo per la Ripresa rappresenterà per la Polonia il 18% del suo prodotto interno lordo. Percentuali ancor più elevate si registrano in Romania o in Bulgaria. È evidente che i nuovi fondi fanno gola a molti, per buoni e meno buoni motivi.