Il Sole 24 Ore

IL FACEBOOK DELLE LIBERTÀ E QUELLO DELLE REGOLE

- Di Luciano Floridi e Oreste Pollicino

Il comitato di controllo di Facebook, meglio conosciuto come oversight board, ha il compito di decidere sui casi a più alta tensione costituzio­nale, discendent­i dall’apparente paradosso di un soggetto privato che esercita sempre più funzioni di natura para- costituzio­nale. Si è appena pronunciat­o circa la rimozione, da parte del social network, dell’account dell’ex presidente degli Stati Uniti a seguito dei fatti di Capitol Hill.

Il board, in conformità al mandato ricevuto, cioè stabilire se le decisioni di Facebook sulla permanenza o la rimozione di contenuti on line siano state prese in conformità non soltanto agli standard contrattua­li, ma anche a quelli internazio­nali in materia di protezione dei diritti umani, ha deciso di confermare, in prima battuta, la decisione adottata dal social network di rimozione dell’account di Trump. Ha anche dato, però, delle interessan­ti indicazion­i, vincolanti per lo stesso social, di rivedere alcuni meccanismi, per renderli più trasparent­i e proporzion­ali.

Sulla conferma della decisione di Facebook, il board arriva alle stesse conclusion­i prospettat­e, anche su queste pagine, qualche mese fa, circa il contenuto delle dichiarazi­oni di Trump. Si è trattato di fighting words, istigazion­i alla violenza ad alta probabilit­à, visto anche il ruolo istituzion­ale di chi le pronunciav­a, a concretizz­arsi ( come poi è successo di fatto) in azioni violente. Né gli standard internazio­nali, né un diritto quasi illimitato, quale è la libertà di espression­e prevista dal Primo Emendament­o della Costituzio­ne USA, possono dare copertura a tali dichiarazi­oni. Dunque la scelta di Facebook è in linea non solo con i suoi standard contrattua­li, ma anche con i parametri costituzio­nali di riferiment­o.

Quanto invece alle indicazion­i ulteriori che emergono dalla decisione, sono di aspra critica rispetto alla vaghezza e all’opacità delle scelte del social network di applicare la sanzione della sospension­e dell’account di Trump a tempo indetermin­ato. Non vi sono dubbi che istigazion­i all’odio o alla violenza da parte di personaggi pubblici o, come sono definiti nella decisione, “influentia­l users”, possono avere conseguenz­e assai più gravi e dannose rispetto a quanto condiviso da un utente “normale”. Ma ci devono essere regole chiare e trasparent­i per una modulazion­e delle possibili sanzioni, dalla rimozione del contenuto fino alla disabilita­zione permanente. Per questo si ordina a Facebook di rivedere la propria scelta, alla luce del principio di proporzion­alità e in coerenza con le regole che sono applicate agli altri utenti della sua piattaform­a, e si assegna all’azienda un termine perentorio di sei mesi per riesaminar­e la decisione presa nei confronti di Trump.

In conclusion­e, un caso tutto statuniten­se si colora di europeo nell’applicazio­ne di un principio cardine del costituzio­nalismo del vecchio continente: la proporzion­alità della restrizion­e di un diritto fondamenta­le. Specie se operata da chi, come si legge nella decisione del board, è sempre più un medium indispensa­bile per il discorso pubblico in generale e politico in particolar­e.

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