I bioreattori non bastano ad attirare gli investitori, l’asta di Bio On va deserta
I curatori: « Numerose aziende italiane ed estere interessate al dossier »
Fumata nera dal tribunale di Bologna per la vendita di Bio- On, l’ex unicorno bolognese arrivato due anni fa a superare in Borsa il miliardo di euro di capitalizzazione con la promessa di rivoluzionare il mondo delle bioplastiche e fallito dopo poco sotto le accuse di manipolazione del mercato e falso in bilancio. L’asta che si è svolta ieri per la cessione di tutti gli asset del gruppo, a partire da un valore di 95 milioni di euro, è infatti andata deserta, nonostante le grandi attese e le indiscrezioni di interessamento da parte non solo di player internazionali ( da Eni a Bill Gates) ma anche di istituzioni.
I cinque bioreattori
Ad attirare l’attenzione sono in particolare i cinque bioreattori nuovi e perfettamente funzionanti – di cui due fermentatori tra i più grandi al mondo - di cui è dotato lo stabilimento di Castel San Pietro, strategici per la produzione di vaccini, tanto che il dossier Bio- On è finito anche sul tavolo del Governo: il sito permetterebbe di avviare in tempi strettissimi un vaccino anti Covid made in Italy.
Il fatto che al primo tentativo nessun cavaliere bianco si sia fatto avanti non significa che Bio- On e il progetto delle bioplastiche PHAS non sia nel mirino degli investitori: « Importanti società italiane ed estere hanno manifestato un significativo interesse sia per i vari accessi alla data room sia per le richieste di visione del fascicolo fallimentare » , ricordano i curatori fallimentari Luca Mandrioli e Antonio Gaiani, precisando che il valore di circa 95 milioni di euro per l’intero complesso aziendale ( asset, marchi, brevetti, magazzini, partecipazioni) è frutto di una « stima effettuata da consulenti della procedura e come tale si tratta di una mera valutazione » .
Già ieri, alla fine dell’asta, si è fatto avanti il Siti, sindacato italiano perla tutela dell’ investimento e del risparmio che rappresenta oltre mille azionisti ed ex azionisti Bioon, annunciando il progetto per costituire una Spac, battezzata “Phoenix”, con l’obiettivo di acquisire l’impianto produttivo e i brevetti per riavviare l’attività, condizionando però l’iniziativa all’ingresso nel capitale di un soggetto industriale. Ai curatori va il merito di non aver mai spento la fabbrica di Castel San Pietro: una ventina di dipendenti ( dei cento pre- fallimento, tutti in Cassa integrazione Covid fino al prossimo 30 giugno) continua a presidiare il sito e a manutenere impianti e brevetti. Non è quindi detto che il prossimo step debba necessariamente essere una seconda asta a prezzo scontato ola vendita-spezzatino dei diversi asset.
« Il valore reale di Bio- On è di gran lunga superiore ai 95 milioni di euro> » , lascia intendere in una nota cofirmata dai legali il fondatore ed ex presidente di Bio- On, Marco Astorri, per il quale è arrivata lo scorso 29 aprile la richiesta di rinvio a giudizio ( assieme ad altre nove persone) per il crac della “intellectual property company” da lui creata nel 2007. E ribadisce che, a dispetto delle accuse del fondo speculativo Quintessential che portarono alle indagini “Plastic Bubble” dell’estate 2019, « Bio- On non è e non è mai stata un castello di carte, auspichiamo quindi che si possa arrivare in breve tempo a una soluzione che consenta il pieno rilancio dell0attività nella sua interezza, senza disperdere o frammentare l’enorme patrimonio di tecnologia e conoscenze sviluppato nel corso degli anni, anche grazie al contributo dei dipendenti e i ricercatori » .