Comunità energetiche rinnovabili sul territorio
Autonome, almeno dal punto di vista dell’energia: le comunità rurali e i borghi potrebbero trovare nelle comunità energetiche rinnovabili( Cer) uno sviluppo interessante. « In particolare – riflette Sara Capuzzo, presidente di ènostra - i piccoli Comuni delle aree interne, che soffrono in generale di un più difficile accesso a opportunità e servizi, sono più motivati e recettivi rispetto a quanto riscontrabile in contesti urbani a produrre, stoccare e scambiare energia da fonte rinnovabile all’interno della comunità, nonché di vendere energia al Gse o a soggetti terzi » . Perché è questo che fanno le Cer: producono, condividono e rivendono l’energia. « Le basi sono quelle dell’aggregazione autonoma da parte dei cittadini o dei membri del borgo e della comunità – spiega Fabio Zanellini, responsabile sviluppo servizi di rete in Falck RenewablesNext Solutions - che si devono costituire in forma giuridica di comunità energetica. Installando uno o più impianti di produzione da fonti rinnovabili possono soddisfare il consumo elettrico e abilitare il nuovo consumo, rendendo quindi il vettore elettrico un elemento di rinascita delle attività, della vita nel borgo e della comunità stessa » .
Fotovoltaico sì, ma anche micro- cogenerazione con la sua « valenza non tanto elettrica, ma anche energetica » , consiglia Zanellini, mentre per Capuzzo vale la regola dell’analisi della vocazione del territorio: condizioni meteo, latitudine, complessità e tempi previsti dall’iter realizzativo dell’impianto in primis: « In una stretta e ombreggiata valle fluviale del Nord potrebbe essere più vantaggioso considerare una minicentrale idroelettrica o a biomassa, piuttosto che un impianto fotovoltaico » .
A oggi la disciplina guarda solamente a impianti di nuova realizzazione, entrati in servizio dal 1° marzo 2020, fino a 60 giorni oltre la data di recepimento definitivo della direttiva. Ma lo scenario potrebbe mutare. « Sono in corso – riprende Zanellini - una serie di riflessioni per capire se anche gli impianti, in parte o totalmente rinnovati o esistenti, possano essere ammessi a queste nuove configurazioni di energia condivisa » .