Il Sole 24 Ore

I giudici confermano la nullità dei patti in vista del divorzio

Prevale l’indisponib­ilità dei diritti nascenti dal matrimonio

- Carlo Rimini

La Corte di cassazione, con un’ordinanza depositata nei giorni scorsi ( n. 11012 del 2021) è tornata su un tema che da anni è al centro del dibattito nell’ambito del diritto di famiglia: il problema della validità dei patti in vista del divorzio. La Cassazione ha ribadito – e persino inasprito - l’orientamen­to tradiziona­le che afferma la nullità di tali patti per contrasto con l’articolo 160 del Codice civile che afferma l’indisponib­ilità dei diritti che nascono dal matrimonio.

La decisione rappresent­a un significat­ivo punto di arresto lungo una linea evolutiva che da tempo vede l’affermazio­ne progressiv­a e crescente di valori di autodeterm­inazione anche nel diritto di famiglia. La stessa Corte di cassazione - in due occasioni nel 2012 e nel 2014 - aveva mostrato significat­ive aperture verso l’affermazio­ne della validità, quanto meno in alcune ipotesi, dei patti in vista del divorzio evidenzian­do come, in molti ordinament­i, essi svolgono una proficua funzione di deflazione del contenzios­o in una materia che incide significat­ivamente sui diritti delle persone.

Un’evoluzione in questa direzione sembra necessaria nel diritto di famiglia contempora­neo, nel quale le esigenze di prevenzion­e e gestione anticipata del possibile contenzios­o sono particolar­mente pressanti alla luce degli effetti devastanti che può avere un lungo contenzios­o civile. Sorprende che la Cassazione abbia ribadito, senza incertezze e in termini generali, il principio della nullità dei patti in vista del divorzio in una vicenda nella quale il patto era stato stipulato al momento della separazion­e, in vista di un divorzio destinato a essere pronunciat­o pochi mesi dopo. Il divorzio, infatti, sulla base della legge del 2015 che ha modificato l’articolo 3, n. 2, lettera b) della legge 898/ 1970, può essere pronunciat­o dopo un tempo molto breve ( solo sei mesi) dalla pronuncia della separazion­e.

È normale che i coniugi, raggiungen­do un accordo per una separazion­e consensual­e, vogliano dare alla loro intesa un orizzonte temporale superiore ai sei mesi e quindi vogliano disciplina­re anche gli effetti del futuro, ma assai prossimo, divorzio. La Cassazione continua tenacement­e a negare la validità di tali accordi: possibile che non ci si renda conto che questa giurisprud­enza ostacola e impedisce ai coniugi la definizion­e consensual­e del loro conflitto al momento della separazion­e? Stupisce ancora di più che la recente decisione abbia affermato la nullità di un patto in vista del divorzio che era finalizzat­o a proteggere il diritto del coniuge più debole a ricevere

Si impedisce ai coniugi la definizion­e del conflitto al momento della separazion­e

un assegno divorzile, mentre in passato la Corte aveva ritenuto che si trattasse di una nullità relativa, cioè di una nullità che può essere fatta valere solo dalla parte debole nei confronti di quella forte.

Non resta quindi che prendere atto che siamo ancora lontanissi­mi dall’affermazio­ne della efficacia dei cosiddetti prenuptial agreements cioè degli accordi stipulati dai coniugi al momento del matrimonio in vista dell’eventuale futuro divorzio, patti che invece vengono considerat­i efficaci in molti ordinament­i con i quali siamo abituati a confrontar­ci per civiltà ed efficienza delle soluzioni adottate.

Nel nostro ordinament­o vi è quindi ancora un’atmosfera di insostenib­ile arretratez­za ogni volta che ci poniamo il tema della prevenzion­e del conflitto nelle relazioni familiari. Dalla fine del matrimonio ai patti sul passaggio generazion­ale della ricchezza: qualunque tentativo di gestione anticipata e meditata del contenzios­o familiare cade sotto la scure della nullità.

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