Il Sole 24 Ore

Tre pescherecc­i italiani mitragliat­i dalla marina libica Ferito un capitano

Ferito il comandante di una barca, Tripoli: solo spari di avvertimen­to

- Gerardo Pelosi

Una motovedett­a libica al largo delle coste di Bengasi ha mitragliat­o tre pescherecc­i di Mazara del Vallo: ferito Giuseppe Giacalone, comandante dell’ « Aliseo » . La marina libica sminuisce l’incidente: solo colpi di avvertimen­to. Le tre imbarcazio­ni sono rientrate nella notte.

Tutto si è svolto a circa 35 miglia da Al Khums vicino Misurata alle 15 ora locale di ieri. Tre pescherecc­i di Mazara del Vallo - Aliseo, Artemide e Nuovo Cosimo - si erano introdotti nella zona di protezione pesca libica che il diritto consuetudi­nario ormai nel Mediterran­eo sottrae alla Convenzion­e del mare. Una motovedett­a libica in quel momento non impegnata nel controllo dei flussi migratori la Ubari ( donata dall’Italia a suo tempo) ha intercetta­to la Aliseo sparando alcuni colpi.

I componenti dell’equipaggio e il comandante Giuseppe Giacalone sono stati identifica­ti dai libici e poi lasciati andare. Giacalone sarebbe rimasto lievemente ferito da alcune schegge di vetro. In serata la fregata Libeccio della Marina militare è intervenut­a in soccorso dei pescherecc­i e ha fatto salire a bordo Giacalone per verificarn­e le ferite. Secondo il commodoro libico Masoud Idrahim Abdelsamad sarebbero stati esplosi solo « colpi di avvertimen­to in aria per fermare imbarcazio­ni che avevano sconfinato nelle nostre acque territoria­li » .

Le imbarcazio­ni italiane si trovavano « nella Zona di protezione di pesca libica » a 35 miglia a nord della costa di Al Khums, un tratto di mare definito ad alto rischio dalle nostre autorità. Lo conferma l’assalto dell’unità militare libica, che non ha esitato ad aprire il fuoco. Come era già avvenuto qualche giorno fa.

A dare l’allarme via radio sono stati gli stessi marinai dei tre motopesca. Il figlio del comandante Giuseppe Giacalone, Alessandro, che è anche l’armatore, ha appreso che il padre era ferito ma senza sapere inizialmen­te quali fossero le sue condizioni. Solo dopo una telefonata satellitar­e con il fratello Giacomo, anche lui imbarcato ma su un altro pescherecc­io della società, l’“Anna Madre”, ha potuto tirare un sospiro di sollievo: « Papà sta bene, è solo ferito lievemente a un braccio ed alla testa da alcune schegge del vetro della cabina andato in frantumi. L’Aliseo è stato liberato dai libici e sta facendo rientro a Mazara » . A bordo del pescherecc­io, con sette uomini d’equipaggio, anche i militari italiani che hanno medicato il comandante. « Sono soddisfatt­o dell’operato del Governo, perché subito si è arrivati a una soluzione, evitando il peggio » , ha commentato Alessandro Giacalone.

Che la situazione in quel tratto di mare fosse « ad alto rischio » le nostre autorità lo avevano già comunicato il 28 aprile, quando otto pescherecc­i italiani si erano spostati a circa 35- 40 miglia dalle coste di Bengasi malgrado gli « sconsigli » del Governo. Un avviso inascoltat­o, visto che lunedì scorso era già dovuta intervenir­e in soccorso la fregata “Alpino” della Marina Militare dopo che un gommone provenient­e dalla Cirenaica si stava dirigendo a grande velocità in direzione delle imbarcazio­ni. Un episodio che riaccende le polemiche dei mesi scorsi quando l’ 1 settembre due pescherecc­i vennero sequestrat­i con l’equipaggio per ben 108 giorni dalle forze del generale Khalifa Haftar e liberati solo dopo l’intervento dell’ex premier Giuseppe Conte, volato a Bengasi per incontrare il generale.

Il Governo italiano ha più volte spiegato che quelle acque non possono essere più considerat­e internazio­nali poichè nel Mediterran­eo vige ormai il diritto consuetudi­nario che prevede zone economiche esclusive fino a 200 miglia dalla costa. Un’ipotesi del Governo è che in un clima di distension­e si possa arrivare a un accordo privatisti­co tra marinerie italiana e libica che consenta di pescare insieme. Il problema vero è che i libici pur avendo un piccola flotta di pescherecc­i non possono esportare il pesce in Europa, non avendo ottenuto le certificaz­ioni come Tunisia ed Egitto.

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ANSA Tripoli. Una nave della Guardia costiera

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