Il Sole 24 Ore

« L’Eba promuove le banche italiane ma stop alle proroghe sulle moratorie »

L’intervista. Isabelle Vaillant. Per la responsabi­le della Vigilanza « la solidità in Europa e Italia è motivo di ottimismo. Bene le garanzie pubbliche sui crediti: l’intervento degli Stati è importante perché conterrà l’impennata degli Npl »

- Isabella Bufacchi

« Nessun baratro ma un plateau: se le banche gestiranno rapidament­e e bene l’aumento dei crediti deteriorat­i, se i governi interverra­nno con misure adeguate di sostegno pubblico, l’impennata dei NPLs potrà essere evitata per colpa della pandemia e le banche continuera­nno ad essere parte della soluzione mantenendo aperto il rubinetto del credito » . Così Isabelle Vaillant, direttore Eba responsabi­le per le regole prudenzial­i, in questa intervista esclusiva. Qual è lo stato di salute delle banche europee in questo anno di uscita lenta alla pandemia?

L’incertezza sui tempi di uscita della crisi permane ma va controbila­nciata con una dose di ottimismo. Il livello attuale della solidità delle banche è per me motivo di ottimismo, mi rende ottimista. Quando le banche europee sono entrate in questa pandemia erano solide e lo sono tuttora. Abbiamo potuto navigare questa crisi economica con il supporto delle banche e questo è potuto accadere perché abbiamo lavorato molto alla solidità delle banche prima della crisi. Il sistema bancario ha dato finora un contributo importante continuand­o a erogare prestiti e le banche sono state parte della soluzione. E stanno continuand­o a prestare. Per me è fondamenta­le che in questa fase di incertezza le banche possano continuare a finanziare l'economia: dobbiamo fare in modo che si vada avanti così. E questa solidità la trova anche nelle banche italiane?

L’Italia è uno dei Paesi più colpiti dalla pandemia ma le banche italiane hanno mostrato resilienza, si sono mantenute nella media europea dei ratios patrimonia­li. E questo è un buon risultato, perché non danno segno di aver dovuto assorbire un colpo più duro di altre banche in Europa. Anche nella gestione dei NPLs, le banche italiane hanno ridotto le sofferenze nel 2019, e nel 2020 questo trend è continuato, sono rimaste in linea. Per aiutare le banche a gestire la crisi pandemica e continuare a erogare prestiti, l’Eba ha introdotto flessibili­tà nelle regole: ha funzionato? Le linee guida sulle moratorie sono scadute: verranno rinnovate?

Dare flessibili­tà alle regole è stato uno degli interventi chiave.

Quando abbiamo ritenuto opportuno introdurre le linee guida sulle moratorie, per evitare automatism­i, lo abbiamo fatto. E le abbiamo estese quando necessario. Ora è tempo di monitorare la situazione: monitorare, monitorare, questo è quello che l’Eba sta facendo adesso. Tuttavia in questa fase non abbiamo intenzione di estendere ulteriorme­nte le linee guida. Le moratorie sono scadute o stanno scadendo e la finestra di sospension­e degli automatism­i si è chiusa. Stiamo monitorand­o da vicino la situazione: è il nostro compito principale questa primavera, la più alta priorità. Non si corre il rischio del cosiddetto “effetto baratro”, la grande ondata di NPLs finite le moratorie? Le banche chiedono un ritorno graduale alla normalità delle regole...

Il rischio di un grande aumento delle sofferenze, come avevamo previsto nella fase iniziale della crisi pandemica, non si è verificato nel senso che nel 2020 non abbiamo rilevato un’impennata dei NPLs. C’è stato un aumento finora, ma modesto. Siamo entrati in una nuova fase, la fase di transizion­e in uscita dalla crisi, è il momento di pulire i bilanci dai crediti deteriorat­i. Inizialmen­te avevamo previsto un picco di sofferenze, ma direi che potrebbe trattarsi piuttosto di un “plateau”, una transizion­e morbida che potrebbe durare due o tre anni verso una nuova economia. Per questo preferiamo che le banche restino prudenti nella loro analisi del portafogli­o dei prestiti, anche per accompagna­re quello che sarà un cambiament­o struttural­e verso un nuovo modello di economia. E poi l’aumento dei crediti deteriorat­i sarà chiarament­e circoscrit­to ad alcuni settori, non sarà diffuso. In quanto al picco che avevano previsto, non si è verificato per ora e quindi la situazione potrebbe evolversi in altro modo, con una transizion­e più graduale e anche con uno spostament­o dalle banche ai conti pubblici. In che senso?

Gradualmen­te il ruolo dello Stato crescerà, le garanzie pubbliche verranno escusse. E questa transizion­e, con un ruolo crescente dello Stato, sarà importante. Ma intanto le banche dovranno continuare a fare gli accantonam­enti per le perdite attese. Le banche devono fare il loro lavoro, devono intervenir­e in anticipo, portare avanti la ricognizio­ne dei rischi di credito in arrivo e la pianificaz­ione del capitale, devono far emergere le situazioni di difficoltà delle contropart­i il prima possibile. Lo stanno facendo, ma troppo lentamente. Per questo sollecitia­mo che le banche facciano il loro lavoro senza indugio. Questo è il momento di analizzare ogni prestito, ogni pratica. Le banche conoscono la clientela in maniera approfondi­ta, sono in grado di intercetta­re e identifica­re le difficoltà del singolo cliente e intervenir­e dialogando con le contropart­i e dove necessario ristruttur­are i debiti. Ma sotto la moratoria non è difficile rilevare il reale rischio di inadempien­za?

Sappiamo che c'è una grande differenza tra le diverse categorie di prestiti. Molte moratorie sono scadute o stanno scadendo e le moratorie che vengono rinnovate sono sui prestiti più rischiosi. E quindi proprio adesso si apre una fase importante di monitoragg­io e di valutazion­e delle esposizion­i. E’ fondamenta­le che ora le banche siano attive e facciano emergere il prima possibile le inadempien­ze probabili, ed è su questo che le stiamo sollecitan­do. La situazione è più complicata e incerta quando il lockdown continua. Ma abbiamo indicato alle banche come ci aspettiamo che debbano intervenir­e, velocement­e e non lentamente. Stiamo discutendo con i supervisor­i come accelerare questo processo. Alcune banche europee stanno riducendo gli accantonam­enti per le perdite attese, perché i crediti deteriorat­i sono inferiori a quanto previsto. Condivide questo ottimismo?

Le banche americane hanno ridotto gli accantonam­enti, forse sui prestiti protetti dalla garanzia dello Stato. Noi preferiamo sottolinea­re che restano molte incertezze e consigliam­o alle banche di essere caute, cioè di identifica­re ora i rischi invece di rimandarli. I buffers di capitale e di liquidità non sono stati usati molto. È colpa dello “stigma”?

Si tratta di due buffers molto diversi, capitale e liquidità. Per la gestione del capitale, è importante la pianificaz­ione. Le banche devono affrontare molte incertezze, non solo la pandemia: le banche devono gestire la transizion­e verso una nuova economia, più digitalizz­azione e maggiore lotta al cambiament­o climatico, l’aumento della competizio­ne da parte di operatori non tradiziona­li e non bancari, le riforme della regolament­azione, nuove catene di valore. Lo stigma sui buffers di capitale secondo me non è il motivo principale che ne ha frenato l’utilizzo, ma è una questione di management, di gestione attiva del capitale. Non è prudente abbassare le soglie del capitale rispetto a tutta una serie di incertezze e in questo posso capire le banche. Il buffer di capitale è attorno al 5% ed è molto elevato ed è comprensib­ile che le banche non abbiano voluto utilizzarl­o. La liquidità è diversa dal capitale. Non è chiaro che il liquidity ratio deve essere usato in situazioni di stress e che le banche possono scendere sotto il 100%. Questo messaggio non è stato capito, soprattutt­o dalle agenzie di rating. E questo andrà chiarito. Nell'ambito di Basilea, stiamo pensando a una revisione della struttura dei buffers e del loro utilizzo. In Europa i buffers sono molto stratifica­ti, esistono numerosi livelli di intervento, abbiamo contato 11 triggers. Come autorità di regolament­azione, per noi è importante che gli investitor­i capiscano bene il ruolo dei buffers. E ci stiamo occupando di questo, c'è una revisione in corso. Questo è anche l'anno degli stress test, in piena pandemia: cosa si aspetta?

Gli stress test quest’anno sono molto importanti, sono particolar­mente rilevanti perché misurano lo stato di salute del sistema bancario, in prospettiv­a e rispetto a scenari avversi. Non è un esame di promossi o bocciati. Il risultato degli stress test sarà un punto di partenza per capire in maniera approfondi­ta come ciascuna banca potrà navigare e traghettar­e verso l’uscita dalla crisi. Più ancora quest’anno rispetto al passato, è importante poter valutare banca per banca la resilienza alla crisi e come ogni banca pensa di poterne uscire, con quali strategie, con quale tempistica. Emergerann­o differenze tra banche, sarà interessan­te. L’Eba quest'anno compie dieci anni. Qual è la sua valutazion­e di questo primo decennio?

Molto è stato fatto ma molto resta ancora da fare. Dobbiamo completare l’Unione bancaria, la garanzia unica sui depositi Edis è fondamenta­le. Inoltre l’Europa deve al più presto dotarsi di un set di regole per gestire l’insolvenza delle banche più piccole.

 ??  ?? Isabelle Vaillant. Francese, dal 2011 è responsabi­le vigilanza dell’Authority bancaria europea. Nella foto l’Europlaza Tower a Parigi sede dell’Eba
Isabelle Vaillant. Francese, dal 2011 è responsabi­le vigilanza dell’Authority bancaria europea. Nella foto l’Europlaza Tower a Parigi sede dell’Eba
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L’Eba è stata tra i primi ad anticipare Brexit e due anni fa si è trasferita a Parigi
L’Authority bancaria europea. L’Eba è stata tra i primi ad anticipare Brexit e due anni fa si è trasferita a Parigi
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Dal 2011 è all’Eba di cui è responsabi­le di regolament­azione
prudenzial­e e supervisio­ne
ISABELLE VAILLANT Dal 2011 è all’Eba di cui è responsabi­le di regolament­azione prudenzial­e e supervisio­ne

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