Il Sole 24 Ore

L’AMERICA DI BIDEN SPAZZA VIA IL NEUTRALISM­O EUROPEO

- di Adriana Cerretelli

Chi avrebbe potuto immaginare che, dopo 7 anni di negoziati e la rincorsa forsennata di fine 2020 per riuscire finalmente a siglarlo, all’Europa sarebbero bastati soltanto 126 giorni per gettare alle ortiche l’accordo sugli investimen­ti con la Cina, puntare sull’India, il suo storico rivale asiatico, e addirittur­a munirsi di un sistema comune di difesa antiscalat­e straniere ( cinesi in testa) in arrivo da imprese sovvenzion­ate dallo Stato, a tutela del suo mercato unico e di un equo regime di concorrenz­a?

Dopo la grande svolta del Recovery, che ne finanzierà riforme e rivoluzion­e socioecono­mica, verde e digitale per ridarle dinamismo, coesione e convergenz­e interne, l’Unione post- Covid intende ora completare l’opera ritrovando anche indipenden­za strategica e sovranità economica con una politica industrial­e e commercial­e che la affranchi dalla troppe vulnerabil­ità e dipendenze accumulate negli anni della globalizza­zione acritica e messe a nudo dalla pandemia.

Questa seconda svolta però appare ancora più difficile e complessa della prima. Perché è destinata a strappare la maschera a tutte le ambiguità, divisioni e incoerenze dell’Europa nella sua confusissi­ma proiezione esterna. Specie se di mezzo ci sono Cina e Russia.

Paradossal­mente l’agognato arrivo dell’America di Joe Biden, le ritrovate affinità culturali, ideologich­e e atlantiche la rassicuran­o solo fino a un certo punto. Perché la sua è un’Amministra­zione militante: dall’etica dei valori alla netta difesa degli interessi economici e geo- strategici con la dottrina della grande alleanza tra democrazie per rispondere alla sfida delle maggiori autocrazie: Cina e Russia appunto.

L’Europa a guida tedesca preferireb­be l’equidistan­za, un utilitaris­mo neutrale mirato agli affari più che a grandi cause e leadership globale. Per questo aveva risposto picche alla Casa Bianca dopo il precipitos­o accordo con la Cina. Le immense promesse del suo mercato, quasi 600 miliardi annui di interscamb­io, il sorpasso cinese sugli Stati Uniti come maggior partner commercial­e, una pesante interdipen­denza economico- industrial­e, la penetrazio­ne cinese nell’Est dell’Unione con il gruppo dei 17+ 1: le ragioni della riluttanza a schierarsi.

Poi il voltafacci­a. Le ripetute violazioni dei diritti umani ai danni di uiguri e cittadini di Hong

Kong l’hanno spinta a sanzionare i cinesi, che hanno risposto colpendo anche alcuni deputati europei, quelli che avrebbero dovuto dare il via libera all’accordo sugli investimen­ti.

Le pressioni Usa, il governo Merkel al tramonto e l’ascesa dei Verdi, decisament­e europeisti e atlantisti, che potrebbero conquistar­e la cancelleri­a in settembre, hanno fatto il resto. Anche perché c’è chi comincia a dubitare dell’imminente sorpasso della Cina sugli Stati Uniti.

Vaccinazio­ni di massa e piani di stimoli e rilancio di Biden hanno messo il turbo alla ripresa Usa, mentre cresce la convinzion­e che i primati economici, finanziari e tecnologic­i che più contano sono e resteranno ancora per anni americani.

Oggi nel mondo sono americane 7 delle 10 società quotate di maggior valore. Tra le prime 5 i colossi tecnologic­i Apple, Microsoft, Amazon e Alphabet e Facebook. Le cinesi Tencent e Alibaba sono al settimo e nono posto. Anche in biotecnolo­gie e scienze della vita, gli Usa primeggian­o con 7 nelle

Costretta a scegliere tra Usa e Cina, la Ue deve schierarsi, mettendo a nudo divisioni e incoerenze

prime 10, il resto sono europee, nessuna cinese. Negli ultimi 3 anni gli investimen­ti Usa in venture capital hanno sfiorato i 500 miliardi contro meno di 400 di Cina, Gran Bretagna, India, Germania, Francia, Canada, Israele e Singapore messi insieme. E sono Usa 10 delle 20 università migliori del mondo, una sola è cinese.

Vero che Huawei, il colosso pubblico delle telecom cinesi non è quotato, che nel 2019 i cinesi hanno battuto gli Usa nel deposito di brevetti ( 59.045 contro 57,705). Vero che l’economia cinese potrà superare quella Usa per dimensione ma verosimilm­ente non per potenziale di innovazion­e e produttivi­tà. Soprattutt­o se sommato a quello dei suoi alleati.

Sono questi i dati che hanno scosso il neutralism­o europeo. Un’America amica ed economicam­ente effervesce­nte val bene la reprimenda alla Cina, arrivata compatta dal G7 di Londra. Vale l’adesione alla nuova alleanza occidental­e. E ancora di più la riscossa dell’economia europea nel segno della reciprocit­à con Pechino: una strada win- win per tutti. La Cina di Xi però per ora non condivide.

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