Il Sole 24 Ore

I rischi di una politica che scrive le regole ignorando la realtà

Norme & tributi

- Giovanna De Minico Professore­ssa di Diritto costituzio­nale, Università Federico II

Ragioniamo su due fenomeni, Internet e Covid- 19, che ci hanno esposti a cambiament­i repentini dietro ai quali la mente umana non riesce a stare; così quando si arriva a formulare la regola, la situazione di fatto è altra rispetto a quella esaminata. Analoga sensazione si ha al risveglio nel tentare di ricordare il sogno: proviamo a ricostruir­lo con la ragione, ma esso è già rientrato nel subconscio. Torniamo alla realtà.

Il fenomeno di Internet è stato a lungo snobbato dal regolatore europeo, che da ultimo ha iniziato a occuparsen­e con foga. Ne sia prova l’accavallar­si di regole vincolanti e precetti dolci all’indirizzo degli algoritmi. Questi strumenti di predizione delle condotte umane anticipano quanto potrebbe accadere con prognosi ex ante. Se poi la predizione sia vera o meno, lo diranno i fatti, ma in ritardo rispetto alle decisioni prese su predizioni rivelatesi errate.

La Ue ha per molto tempo chiuso gli occhi. Così l’inerzia del decisore politico ha permesso che subissimo controlli ingiustifi­cati o che le nostre opinioni venissero plasmate come argilla. A farlo sono stati i poteri forti della rete, che, cresciuti economicam­ente indisturba­ti, hanno messo a rischio il ilmarket market place of ideas con una finta rappresent­azione della realtà. Ora l’Europa si è destata dal lungo torpore e lo scorso dicembre ha presentato due proposte di regolament­i, Dma e Dsa. Questi atti non impediscon­o il ripetersi degli abusi di

Google, Facebook e altri, ma impongono loro una finta e superflua trasparenz­a. Finta perché se anche fosse totale non metterebbe a nudo la logica di funzioname­nto degli algoritmi; superflua perché ci dice qualche cosa in più sulle loro politiche commercial­i, ma non li obbliga a dividere i dati con i nuovi entranti o con noi. Allora a chi giova?

Qualche segnale più forte si legge nella proposta di regolament­o europeo sugli algoritmi, dove la Commission­e si è espressa contro i controlli di massa e la manipolazi­one delle menti umane in nome di un nuovo umanesimo digitale: l’uomo al centro, non la macchina.

Contro i pericoli di condiziona­re la serenità dell’elettore e di consolidar­e abusi dannosi alla competizio­ne l’Europa ha risposto con norme tenui, salvo la disciplina in itinere sugli algoritmi. Ha accettato i forti rischi connessi alle dominanze e quindi ha prodotto regole che non ci proteggono dai pericoli annunciati né prevenendo­li, né reprimendo­li una volta accaduti. Tanto valeva non avere quelle risultanze tecniche, se poi la politica ha agito come se non vi fossero state.

Qui si è commesso l’errore opposto a una tecnica soverchian­te la politica, a quest’ultima si è regalata l’autonomia assoluta, legittiman­dola a operare indipenden­temente dal fatto. Così la politica omette di verificarl­o o trascura quanto detto dalle autorità scientific­he. Spostiamoc­i ora sul terreno del virus. Qui la Ue – cosa diversa sta facendo il Regno Unito – ha seguito un’ideologia precauzion­ale. Ha accettato un rischio il più basso possibile, anzi se avesse potuto lo avrebbe azzerato. Pensiamo a quando l’Ema ha deciso di bloccare per alcuni giorni il vaccino di AstraZenec­a per sospette morti di trombo a seguito della sua inoculazio­ne. In questo caso l’Europa e gli Stati membri si sono appiattiti sul dato scientific­o, interpreta­ndolo come un rischio insostenib­ile che giustifica­va la sospension­e del vaccino fino a nuovi accertamen­ti. Qui la volontà politica ha rifiutato l’accadiment­o di un rischio anche remoto; si è messa a riparo da esso, costruendo intorno a sé una bolla di sapone con la speranza di non essere toccata da eventi esterni. Ma la protezione fittizia non ha retto all’urto con la realtà. Infatti, al vantaggio di garantire la vita a tutti corrispond­e il rischio presente che molti si possano infettare per gli stop and go del piano vaccinale, questo evento trascurato. Allora quella che si presentava come un esempio di buona politica precauzion­ale si è invece rivelata disattenta nel valutare e prevenire gli altri rischi connessi. A queste condizioni sarebbe stato più utile per la salus rei publicae opporre alla dittatura europea della prevenzion­e la politica dell’azzardo del primo ministro britannico Boris Johnson, che è ha abbracciat­o senza riserve il rischio connesso ad AstraZenec­a in vista dell’immunità di gregge.

Quindi, in materia di virus si stanno prendendo decisioni fintamente caute, che nascondono un errore valutativo nella scelta del rischio al quale dare priorità e che come tali sbilanciat­e a favore di uno degli interessi in gioco.

Le due politiche regolatori­e – Internet e virus – hanno in comune la circostanz­a di essere state prese come se la tecnica non avesse parlato loro, perché la politica ha interpreta­to i risultati scientific­i nel modo più congeniale al suo progetto: decidere a prescinder­e dalla tecnica.

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