Il Sole 24 Ore

Sì al licenziame­nto collettivo anche solo per alcune sedi

I motivi del perimetro ridotto vanno comunicati in modo adeguato L’accordo sindacale può privilegia­re un solo criterio nella scelta dei lavoratori

- Aldo Bottini

La sentenza 12040/ 2021 della Cassazione depositata ieri, seppur relativa a uno dei numerosi lavoratori licenziati ( le altre seguiranno a breve), “chiude” il caso Almaviva e ribadisce alcuni principi fondamenta­li che regolano le procedure di riduzione del personale. La società aveva avviato un licenziame­nto collettivo circoscriv­endo il progetto di ridimensio­namento alle sole unità produttive di Roma e Napoli, senza coinvolger­e, ai fini dell’applicazio­ne dei criteri di scelta, l’intero organico aziendale. La scelta era stata esplicitam­ente motivata, nella comunicazi­one di apertura della procedura, con la distanza geografica di queste due unità dagli altri siti aziendali e con l’infungibil­ità delle mansioni degli addetti alle due medesime unità rispetto ai lavoratori impiegati in altre sedi.

Ne è nato un contenzios­o che ha avuto ad oggetto essenzialm­ente la legittimit­à della delimitazi­one della platea all’interno della quale operare la scelta dei dipendenti da licenziare, contestata dai lavoratori che sostenevan­o la necessità di estendere tale platea all’intero organico aziendale. Dopo alterne vicende in primo grado, la Corte d’appello di Roma ha respinto la tesi dei lavoratori.

La Cassazione ha confermato ieri questa decisione, con una sentenza che ricapitola gli arresti della giurisprud­enza di legittimit­à sul punto. Ricorda anzitutto che la cessazione dell’attività è scelta dell’imprendito­re, che costituisc­e esercizio incensurab­ile della libertà di impresa garantita dall’articolo 41 della Costituzio­ne, e che la procedura di licenziame­nto collettivo ha la sola funzione di consentire il controllo sindacale ( ex ante) sulla effettivit­à di tale scelta. Il controllo giudiziale ( ex post) non riguarda i motivi della riduzione del personale, ma la sola correttezz­a procedural­e dell’operazione.

Fatta questa premessa, la Cassazione affronta la questione centrale della vicenda, ovvero la legittimit­à della scelta di circoscriv­ere l’ambito dei lavoratori interessat­i al licenziame­nto a una sola parte dell’organico aziendale. La conclusion­e cui giunge, conforme a un orientamen­to che può dirsi ormai consolidat­o, è che la delimitazi­one è legittima qualora il progetto di ristruttur­azione si riferisca in modo esclusivo a una o più unità produttive, purché le ragioni tecnicopro­duttive e organizzat­ive della limitazion­e siano adeguatame­nte enunciate nella comunicazi­one di apertura, anche con riferiment­o alla fungibilit­à o meno delle mansioni svolte dai lavoratori delle sedi coinvolte, e siano coerenti con le ragioni poste a fondamento della riduzione di personale. Nel caso di specie, l’infungibil­ità delle mansioni era stata individuat­a nella peculiarit­à di ogni sito produttivo, in ragione delle commesse trattate, che avrebbe reso impraticab­ile, sotto vari profili, il trasferime­nto da una sede all’altra.

La Cassazione, infine, riafferma la funzione dell’accordo sindacale di determinaz­ione negoziale dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare, nel rispetto dei principi di non discrimina­zione, razionalit­à e coerenza con le finalità della procedura. Accordo che, nel caso in questione, attribuiva rilievo ai fini della scelta al solo criterio delle esigenze tecnico- produttive e organizzat­ive, senza considerar­e gli ulteriori criteri legislativ­i dei carichi di famiglia e dell’anzianità di servizio.

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