Il Sole 24 Ore

Tabulati telefonici, il Gip di Roma ci ripensa

A pochi giorni di distanza interpreta­zioni diverse sulla disciplina da applicare Da sciogliere il nodo dei reati per i quali è possibile la data retention

- Giovanni Negri

Sulla Sulladata data retention è caos negli uffici giudiziari. Ne è esempio quanto avvenuto nell’ufficio Gip di Roma, dove, a distanza di pochi giorni sono state fornite interpreta­zioni divergenti sull’acquisizio­ne dei tabulati telefonici.

A monte c’è la ormai nota sentenza della Corte di giustizia europea del 2 marzo 2021 con la quale è stato affermato che la decisione sull’accesso ai dati esterni delle comunicazi­oni ( quelli interni coincidend­o con i contenuti, oggetto semmai di intercetta­zioni) non può essere presa da un organo privo di terzietà come il rappresent­ante della pubblica accusa; inoltre, la pronuncia europea osserva che l’acquisizio­ne è possibile solo per la repression­e di « forme gravi di criminalit­à » o di « gravi minacce alla sicurezza pubblica » .

A valle della pronuncia, l’ufficio Gip della capitale poche settimane fa aveva da una parte ritenuto immediatam­ente esecutiva la sentenza della Corte aggirando l’ostacolo della apparente eccessiva genericità della nozione di gravità dei reati interessat­i dalla possibilit­à di acquisizio­ne, con un’interpreta­zione che ha fatto leva sull’articolo 266 del Codice di procedura penale, consideran­do l’acquisizio­ne sempre possibile per tutti i reati che possono essere oggetto della più invasiva attività di intercetta­zione.

Una lettura troppo creativa afferma adesso un successivo decreto del medesimo ufficio, per il quale è vero che ai principi espressi nelle sentenze della Corte di giustizia europea deve essere attribuito il valore di fonte del diritto comunitari­o e tuttavia, quanto alla loro immediata applicazio­ne nell’ordinament­o giuridico italiano, va escluso che la sentenza del 2 marzo possa essere subito esecutiva. Troppo ampi infatti sono i margini di indetermin­atezza del riferiment­o ai casi in cui l’acquisizio­ne è ammessa, « casi la cui concreta declinazio­ne non può non ritenersi demandata ( e venendo di fatto demandata dalla sentenza), in esecuzione ai proposti principi interpreta­tivi della normativa Ue, alla legge nazionale, e non alla elaborazio­ne giurisprud­enziale » .

Così non è possibile che debba essere il giudice e non la legge a stabilire nell’ordine: a) che per effetto della sentenza l’autorizzaz­ione deve provenire da una autorità giurisdizi­onale; b) che quell’autorità deve essere il Gip; c ) « quali sono i procedimen­ti che rientrano nella classe “procedure aventi per scopo la lotta contro le forme gravi di criminalit­à o la prevenzion­e di gravi minacce alla sicurezza pubblica”, andando a formare con criteri del tutto discrezion­ali – che potrebbero variare da sede a sede come è fisiologic­o che accada nella giurisdizi­one – il catalogo dei reati in relazione ai quali l'autorizzaz­ione può essere concessa , magari con creativi rimandi ( alternativ­i?, congiunti?) a quelli di cui agli articoli 266 , 407 comma 2 lettera a), 51 commi 3 bis, 3 ter e 3 quater cpp » .

La conclusion­e è allora quella della persistenz­a della disciplina preesisten­te, in attesa di un intervento del legislator­e che è lo stesso Gip ad auspicare.

Rispetto quindi alla richiesta di acquisizio­ne formulata dal pubblico ministero, la risposta è un non luogo a provvedere all’istanza con restituzio­ne degli atti al Pm.

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