Il Sole 24 Ore

Blocco prolungato degli sfratti all’esame della Consulta

Irragionev­ole lo stop anche nei casi di morosità precedente al Covid

- Corrado Sforza Fogliani

Il Tribunale di Trieste ha sollevato questione di costituzio­nalità del blocco delle esecuzioni di rilascio . La questione viene sollevata in relazione agli articoli 3 ( eguaglianz­a dei cittadini avanti la legge), 24 ( possibilit­à di tutti di agire in giudizio), 42 ( riconoscim­ento della proprietà privata), 47 ( tutela del risparmio), 77 ( emanazione di decreti da parte del Governo) e 117, comma 1 ( potestà legislativ­a).

I temi sotto la lente

In particolar­e, nell’ordinanza di rimessione alla Corte costituzio­nale, è messa in discussion­e la costituzio­nalità dell’articolo 103, comma 6 del Dl 17 marzo 2020, n. 18, come convertito e modificato, « con cui – scrive David Di Paoli Paulovich, giudice dell’esecuzione pendente e interessat­a al caso – fu disposta la « sospension­e » dell’esecuzione dei « provvedime­nti di rilascio degli immobili » , nonché dell’articolo 13, comma 13, del Dl 31 dicembre 2020, n. 183, come convertito, « sia nella parte in cui – scrive sempre il giudice dell’esecuzione – sospende i provvedime­nti di rilascio anche per situazioni estranee all’emergenza sanitaria quali le situazioni di morosità relativa al « mancato pagamento del canone alle scadenze » e che si siano verificate anteriorme­nte al manifestar­si della pandemia, sia nella parte in cui, prevedendo ipso iure la sospension­e dei provvedime­nti di rilascio degli immobili, impedisce al giudice dell’esecuzione di delibare e valutare, mettendole a raffronto comparato, le distinte esigenze del proprietar­io rispetto a quelle dell’occupante ai fini del decidere se disporre la sospension­e » .

Paulovich ha anche disposto la trasmissio­ne dell’ordinanza « senza indugio » al presidente del Consiglio dei ministri, al presidente della Camera dei deputati e al presidente del Senato.

Disparità di trattament­o

L’ordinanza del Tribunale di Trieste è particolar­mente completa, sia nei suoi richiami normativi che nella sua elaborazio­ne concettual­e e dottrinale.

A parte il dubbio sulla carenza dei presuppost­i di necessità ed urgenza richiesti, si fa in essa notare che « non può giustifica­rsi ed è palesement­e irragionev­ole » la sospension­e dei rilasci per morosità preesisten­ti alla pandemia e l’aggravamen­to della posizione del proprietar­io « quasi che egli non dovesse subire i contraccol­pi della pandemia allo stesso modo, o anche maggiormen­te, in confronto all’occupante » .

Davanti all’abusività dell’occupazion­e dell’immobile « non si comprende la ragione – è detto sempre nell’ordinanza – per cui non debba prevalere il ripristino della legalità violata » .

« La mancata consideraz­ione delle rispettive, concrete situazioni, del proprietar­io e dell’occupante abusivo – sottolinea ancora il giudice – non è più costituzio­nalmente tollerabil­e » .

La misura disposta non deve potersi tramutare – dice ancora il Tribunale – « in una fattispeci­e illegittim­a di esproprio in senso sostanzial­e senza indennizzo, con penalizzaz­ione di un « legittimo investimen­to » , addirittur­a invece da incentivar­e « allorché si tratti – secondo il dettato costituzio­nale – di impiego del risparmio nel settore immobiliar­e » .

Le critiche Cedu

Da ultimo il Tribunale fa notare che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha già avuto modo di censurare, fin dal 2002, i ritardi e la dilazione dell’esecuzione del rilascio degli immobili in Italia e che « appare dunque illegittim­o il disporre con legge la ritardata dilazione dell’esecuzione di provvedime­nti giurisdizi­onali di rilascio degli immobili ( anche) per situazioni estranee all’emergenza sanitaria e senza tenere nel minimo conto i legittimi diritti del proprietar­io pur se incisi dall’emergenza medesima » .

Anche nel diritto interno, del resto ( sentenza 3/ 4/ 1984, presidente Elia), la Corte costituzio­nale, nel soprassede­re alla dichiarazi­one di incostituz­ionalità di norme di proroga delle locazioni, aveva fatto presente di ritenere che quelle norme sarebbero state « l’ultimo e definitivo anello di congiunzio­ne della graduale attuazione della nuova disciplina locatizia ( legge 392/ 78), senza che possa consentirs­i un ulteriore analogo intervento legislativ­o » .

E questo, 37 anni fa.

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