Obiettivi e tempi certi per 3mila autobus elettrici: nelle città italiane entro il 2026
Dietro la commessa a gara la spinta a creare una industria competitiva
Il Recovery Plan mette nero su bianco la soglia minima obbligatoria da raggiungere al fine di creare una domanda sufficiente per far partire il mercato degli autobus elettrici. Il tetto è pari a 3mila autobus, sia elettrici che a idrogeno, che le amministrazioni locali dovranno aver acquistato e messo in circolazione all’interno delle città entro il 2026. Un primo target intermedio è fissato per il 2024, entro il quale almeno 800 autobus green dovranno far parte del servizio pubblico locale. La richiesta di mettere tetti minimi e limiti temporali per garantire che la macchina pubblica degli acquisti si metta effettivamente in moto era stata avanzata al governo dagli operatori di settore, i produttori ma anche le utility che dovranno istallare e gestire le infrastrutture di ricarica. Il finanziamento stanziato dal piano ammonta complessivamente a 2,4miliardi, di cui circa 1,7 miliardi da destinare all’acquisto tout court dei mezzi e altri 600 milioni per le infrastrutture di ricarica e l’adeguamento dei depositi. Il documento specifica inoltre che un miliardo deve essere destinato solo all’acquisto di bus elettrici. Il percorso di implementazione prevede che entro fine 2023 debbano essere conclusi i contratti per l’acquisto dei bus green e che entro fine 2024 ne siano stati comprati almeno 800. Il resto entro fine 2026. Va chiarito subito che i fondi del Pnrr sono solo una parte delle dotazione pubblica disponibile per sostituire la flotta del trasporto pubblico locale, circa 60 mila veicoli con un’età media superiore a 12 anni. Sono da poco finalmente impegnabili anche i finanziamenti del piano nazionale per la mobilità sostenibile, circa 3,7 miliardi da spendere entro il 2023. Il vero problema è la capacità delle amministrazioni locali di progettare questa sostituzione ma anche di indire le gare in modo rapido e semplice avendo bene in mente chi andrà a gestire una flotta che, in quanto elettrica, ha esigenze ben diverse dal passato. Questi aspetti, che sembrano pochi semplici passaggi, in realtà oggi stanno tenendo tutto fermo. E per questo motivo i due miliardi aggiuntivi dal Recovery possono avere un effetto propulsivo, perché il vincolo temporale e le soglie da rispettare ( altrimenti i soldi vanno restituiti) imporranno di fare in fretta. Non a caso il Pnrr prevede che entro la fine dell’anno sia emanato un decreto legge per semplificare la valutazione dei progetti e accelerare il processo della costruzione di gare e permessi. Il documento ipotizza un costo elevato dei mezzi green: 550mila euro, nei fatti il doppio di un mezzo diesel, quando il costo aggiuntivo della batteria non andrebbe oltre i 50 mila euro. E qui emerge la necessità di far decollare un’industria dei bus elettrici e metterla in competizione con le gare. In Sudamerica i bus green hanno prezzi tra 300 e 400 mila euro. Il piano stanzia 300 milioni per sostenere lo sviluppo di
Entro fine anno previsto un decreto per semplificare le procedure e accelerare le gare
un’industria e una filiera dei bus elettrici. Uno studio commissionato a Invitalia, azionista con il gruppo turco Karsan di Industria Italiana Autobus ( ex Menarini) che assieme a Iveco e Rampini
( piccola azienda gioiello umbra) sono tra i pochi produttori in Italia di veicoli green, identifica in oltre 150 le imprese della filiera, di cui 100 operanti nella componentistica, 5 nella produzione e 9 nell’infrastruttura di ricarica. Sarebbero finanziati 45 progetti e potrebbero mettere in moto ricorse per 650 milioni.