La posta in gioco di Roma tra segreteria Pd e voto 2022
Si capiscono le ragioni di tanto pressing su Zingaretti e anche i suoi tormenti ad accettare la candidatura a sindaco di Roma visto che non solo dovrebbe lasciare la Regione Lazio ma cercare – pure - di determinare il timing della successione alla presidenza con una forzatura istituzionale. Il suo sì, però, sembra diventato indispensabile. È considerato il candidato più forte, quello che ha dimostrato buone capacità amministrative gestendo molto bene la campagna vaccini – insieme all'assessore D'Amato - e dunque l'unico in grado di aspirare alla vittoria e, di conseguenza, ottenere gli altri due risultati a catena che interessano a Letta. Al di là degli effetti collaterali nel campo della Raggi e dei 5
Stelle, per il segretario Pd – infatti - riconquistare la Capitale vuol dire sia consolidare la sua segreteria sia stabilizzare la legislatura. È piuttosto scontato che una sconfitta romana farebbe ripartire le grandi manovre nel Pd – già nei giorni scorsi si riparlava di congresso - ma sarebbe pure il vero trofeo che il centro- destra potrebbe alzare per rivendicare le elezioni anticipate nel 2022. E questa sarebbe una Caporetto per un centro- sinistra – formato Letta più Conte - che non è pronto per affrontare le urne nazionali in un anno.
Il Pd, invece, è più allenato alle sfide come quelle che si combattono a Roma, Milano, Napoli perché nelle grandi città ha sempre giocato in casa. Nonostante i sondaggi nazionali siano a vantaggio di Salvini- Meloni, è un momento in cui la destra si sta perdendo in una competizione autolesionista, e fa pure molta fatica a trovare nomi spendibili. Dunque, per Letta queste sono opportunità per rovesciare il racconto di una coalizione giallo- rossa già perdente in partenza e soprattutto per frenare la destra e provare a ritardare le elezioni al 2023 perchè ha bisogno di tempo. Così, più le settimane passavano, più i due leader della Lega e di Fratelli d'Italia litigavano, più per il segretario Pd è stato chiaro che bisognava giocarsela con il nome più forte che è quello di Zingaretti.
Adesso anche dalle parti del centro- destra hanno finalmente capito che la battaglia è dall'altra parte ed è stato fissato per mercoledì un primo tavolo di confronto sulle comunali. Ieri hanno pure fatto sapere che tra Salvini e Meloni c'è stato un sms, che i contatti sono ristabiliti ma il nodo ora, al di là del disgelo, sono i candidati. Finora, a guardare quelli usciti e che sono dei “grandi ritorni” – da Albertini a Bertolaso alla Moratti – si capisce che c'è un'oggettiva difficoltà ad attrarre personalità, il che complica anche gli accordi tra gli alleati.