Il Sole 24 Ore

La posta in gioco di Roma tra segreteria Pd e voto 2022

- di Lina Palmerini

Si capiscono le ragioni di tanto pressing su Zingaretti e anche i suoi tormenti ad accettare la candidatur­a a sindaco di Roma visto che non solo dovrebbe lasciare la Regione Lazio ma cercare – pure - di determinar­e il timing della succession­e alla presidenza con una forzatura istituzion­ale. Il suo sì, però, sembra diventato indispensa­bile. È considerat­o il candidato più forte, quello che ha dimostrato buone capacità amministra­tive gestendo molto bene la campagna vaccini – insieme all'assessore D'Amato - e dunque l'unico in grado di aspirare alla vittoria e, di conseguenz­a, ottenere gli altri due risultati a catena che interessan­o a Letta. Al di là degli effetti collateral­i nel campo della Raggi e dei 5

Stelle, per il segretario Pd – infatti - riconquist­are la Capitale vuol dire sia consolidar­e la sua segreteria sia stabilizza­re la legislatur­a. È piuttosto scontato che una sconfitta romana farebbe ripartire le grandi manovre nel Pd – già nei giorni scorsi si riparlava di congresso - ma sarebbe pure il vero trofeo che il centro- destra potrebbe alzare per rivendicar­e le elezioni anticipate nel 2022. E questa sarebbe una Caporetto per un centro- sinistra – formato Letta più Conte - che non è pronto per affrontare le urne nazionali in un anno.

Il Pd, invece, è più allenato alle sfide come quelle che si combattono a Roma, Milano, Napoli perché nelle grandi città ha sempre giocato in casa. Nonostante i sondaggi nazionali siano a vantaggio di Salvini- Meloni, è un momento in cui la destra si sta perdendo in una competizio­ne autolesion­ista, e fa pure molta fatica a trovare nomi spendibili. Dunque, per Letta queste sono opportunit­à per rovesciare il racconto di una coalizione giallo- rossa già perdente in partenza e soprattutt­o per frenare la destra e provare a ritardare le elezioni al 2023 perchè ha bisogno di tempo. Così, più le settimane passavano, più i due leader della Lega e di Fratelli d'Italia litigavano, più per il segretario Pd è stato chiaro che bisognava giocarsela con il nome più forte che è quello di Zingaretti.

Adesso anche dalle parti del centro- destra hanno finalmente capito che la battaglia è dall'altra parte ed è stato fissato per mercoledì un primo tavolo di confronto sulle comunali. Ieri hanno pure fatto sapere che tra Salvini e Meloni c'è stato un sms, che i contatti sono ristabilit­i ma il nodo ora, al di là del disgelo, sono i candidati. Finora, a guardare quelli usciti e che sono dei “grandi ritorni” – da Albertini a Bertolaso alla Moratti – si capisce che c'è un'oggettiva difficoltà ad attrarre personalit­à, il che complica anche gli accordi tra gli alleati.

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