Diseguaglianze, l’Europa rilancia l’agenda comunitaria
L’intervento di Draghi: « Giovani e lavoro, sistema profondamente ingiusto » Il premier ha illustrato gli investimenti programmati in Italia nel Piano di ripresa
Lo shock economico provocato dalla pandemia virale sta inducendo i Ventisette a tentare nuovamente di mettere a punto una politica europea anche in campo sociale. Il tema è in agenda da anni e deve fare i conti con storiche competenze nazionali. La dichiarazione congiunta attesa per oggi durante un vertice informale a Porto è un passo avanti, ma nasconde non poche tensioni nazionali e conferma che la strada in questo settore sarà lunga e tortuosa.
« Ci impegniamo a ridurre le disuguaglianze, a combattere l’esclusione sociale e ad affrontare la povertà (…), affrontando i rischi di esclusione per i gruppi sociali particolarmente vulnerabili come i disoccupati di lunga durata, gli anziani, le persone con disabilità e i senzatetto » , si legge nel testo negoziato per giorni ( portando all’eliminazione dell’espressione uguaglianza di genere su richiesta polacca e ungherese perché ai loro occhi metterebbe gli omosessuali sullo stesso piano degli eterosessuali).
Parlando a Porto, il premier italiano Mario Draghi ha spiegato: « Troppi Paesi dell’Unione hanno un mercato del lavoro a doppio binario, che avvantaggia i garantiti - in genere i lavoratori più anziani e maschi - a spese dei non garantiti, come le donne e i giovani. Mentre i cosiddetti garantiti sono meglio retribuiti e godono di una maggiore sicurezza del lavoro, i non garantiti soffrono un vita lavorativa precaria. Questo sistema è profondamente ingiusto » .
Il presidente del Consiglio ha poi aggiunto: « L’Italia, grazie al Piano di ripresa e resilienza, sta cercando di porre rimedio a questa triste situazione. Verranno investiti sei miliardi di euro per riformare le politiche attive del mercato del lavoro » . Il premier si è detto favorevole a rendere permanente il programma SURE, vale a dire i prestiti concessi dalla Commissione europea per finanziare la cassa integrazione nei Paesi membri.
I Ventisette intendono fare proprio il piano d’azione presentato da Bruxelles all’inizio di marzo. Quest’ultimo prevede obiettivi entro il 2030: aumentare il tasso d’occupazione al 78% ( 73% prima della pandemia); ridurre di 15 milioni il numero di persone minacciate di povertà; formare almeno il 60% degli adulti ogni anno ( si veda Il Sole/ 24 Ore del 5 marzo). « L’epidemia ha messo in luce l’importanza del fattore sociale » , ha detto il commissario agli Affari sociali, Nicolas Schmit.
La recessione ha provocato un forte calo dell’occupazione, soprattutto tra i più giovani. Secondo una ricerca di UniCredit, il calo dell’occupazione fra il quarto trimestre del 2019 e il quarto trimestre del 2020 è stato del 6% tra i 15- 24 anni. Ieri i partner sociali così come le istituzioni comunitarie hanno firmato linee- guida per i prossimi anni, tutte dedicate ai diritti sociali. « Questo è punto di partenza, non di arrivo” » ha dichiarato il premier portoghese António Costa.
Come detto, i temi sociali sono tendenzialmente di competenza nazionale, ma le ripetute crisi economiche di questi ultimi venti anni hanno rafforzato la consapevolezza della necessità di dare una qualche forma di risposta comunitaria. « Il tema è controverso – si spiega nell’entourage del presidente del Consiglio europeo Charles Michel –, ma rispetto al vertice di Göteborg del 2017 abbiamo fatto un passo in avanti: allora la dichiarazione di impegni era delle istituzioni europee; oggi è dei Ventisette » .
In uno studio pubblicato questa settimana dall’Istituto sindacale europeo ( noto con l’acronimo ETUI), il ricercatore Christophe Degryse ha spiegato che la drammatica recessione del 2020 ha dato nuovo slancio alla concertazione sociale a livello europeo. Più di 30 settori economici a livello comunitario hanno negoziato misure in comune per superare la crisi. Tra questi i trasporti, la pesca, la cultura, l’agricoltura, la siderurgia, la ristorazione, e anche il calcio professionale.
In concreto, Bruxelles spera che l’incontro a Porto sblocchi due proposte di direttiva, sul salario minimo e la trasparenza salariale, bloccate nel negoziato tra Consiglio e Parlamento. « La discussione è difficile » , ammetteva questa settimana un negoziatore. I Paesi del Sud premono per un salario minimo; assai meno favorevoli sono i Paesi del Nord e dell’Est, preoccupati vuoi perché liberali di natura, vuoi perché temono perdite di competitività.