Delude il lavoro Usa, solo 266mila posti in più
Disoccupazione in aumento, gli imprenditori: colpa di sussidi troppo generosi
La creazione di posti lavoro negli Stati Uniti rallenta bruscamente il passo in aprile a 266.000 nuovi impieghi, un quarto delle attese. Evidenza di ferite ancora profonde lasciate dalla crisi da pandemia. E dell’emergere, con la ripresa, di nuove sfide, da difficoltà delle aziende nel reperire personale a strozzature nella supply chain che fermano le fabbriche.
Il tasso di disoccupazione è salito di 0,1 punti percentuali il mese scorso al 6,1%. Sono state inoltre riviste al ribasso le statistiche di marzo, a 770.000 nuovi impieghi da 916.000 stimati. Le previsioni per aprile, incoraggiate da riaperture del business, vaccinazioni e stimoli fiscali e di politica monetaria, erano in media di 978.000 nuove buste paga. E se le scommesse sull’occupazione sono tra le più incerte, la differenza tra pronostici e dati è stata la maggiore in oltre vent’anni.
L’interrogativo, per analisti e operatori, è ora quanto la frenata sia frutto di fattori temporanei. Il presidente Joe Biden ha affermato che la ripresa procede e ha però bisogno dei suoi nuovi piani da 4.1000 miliardi in infrastrutture e spesa sociale: « I nostri sforzi cominciano a funzionare ma la risalita è ripida e molta strada resta da fare » .
Il segretario al Tesoro Janet Yellen ha rivendicato « progressi » e una robusta media di oltre mezzo milione di neo- impieghi al mese in tre mesi. Allo stesso tempo ha offerto l’ultimo segnale a prova dell’importanza degli aiuti pubblici già stanziati in marzo, i 1.900 miliardi di dollari dell'American Rescue Plan. La ripresa, ha detto, sarà « un po' accidentata » . Economisti della Casa Bianca hanno diagnosticato « transitori disallineamenti quando un'economia passa da paralisi a recuperi » . Anche per questo un aumento di 430.000 persone nella forza lavoro, chi ha un impiego o lo cerca, non sarebbe bastato a evitare rallentamenti nelle assunzioni.
Ospitalità e tempo libero hanno trainato il mese scorso la creazione di occupazione, con 331.000 buste paga. In calo invece impieghi temporanei nei servizi, il retail e il settore manifatturiero, che ha perso 18.000 posti. L’auto, colpita da carenze di parti e microchip, ha eliminato 27.000 buste paga. Dai livelli pre- pandemia, mancano tuttora 8,2 milioni di posti, quasi un terzo dei 21 milioni sacrificati ai lockdown.
Associazioni imprenditoriali hanno attribuito la frenata nei nuovi impieghi a sussidi di disoccupazione troppo generosi, 300 dollari extra la settimana, parte degli aiuti federali anti- Covid, una tesi respinta da Biden. Altri fattori hanno invece di sicuro svolto un ruolo: continua paura del virus; difficoltà di lavorare per genitori con scarsa assistenza per l'infanzia; battute d'arresto nella catena globale di forniture che intralciano la produzione. In gioco anche aumenti della produttività e strategie post- pandemia in evoluzione delle imprese.
Altri recenti segnali in arrivo dall’economia restano all’insegna dell’ottimismo sul futuro. Le nuove richieste settimanali di sussidi di disoccupazione sono scese sotto quota 500.000 per la prima volta dai lockdown. Gli annunci di tagli da parte delle aziende sono ai minimi in 21 anni. Le offerte di lavoro, stando al sito Indeed, sono del 24% superiori ai giorni pre- crisi. E l’economia è reduce da una crescita del 6,4% nel primo trimestre.
Un’ulteriore incognita, riflesso delle tensioni sul lavoro, è emersa dall’aumento dei salari, in aprile dello 0,7% a 30,17 dollari l’ora. Paghe tradizionalmente basse nell’ospitalità sono balzate dell’ 1,65 per cento. Aumenti benvenuti per i progressisti e l’amministrazione. Ma sotto osservazione, con i rincari nelle materie prime, per valutare pressioni inflazionistiche che possano far invertire in modo prematuro alla Fed la rotta degli stimoli. Una prospettiva oggi remota: i riflettori sono puntati sui rallentamenti dell’occupazione, su politiche per risanare il mercato del lavoro, che potrebbero semmai allontanare ogni stretta.