Il Sole 24 Ore

Rivenditor­i: nuove norme sui tempi di consegna

La filiera: confermare l’operazione di vendita entro 300 giorni e non 180 Il ritardo nelle consegne causa carenza di chip mette a rischio gli ecobonus

- Filomena Greco

Un problema che è già costato all’Europa la mancata produzione di oltre mezzo milione di auto. La crisi dei semicondut­tori ha investito il mondo dell’automotive portando al fermo produttivo di interi stabilimen­ti – è successo a Melfi, durante questa settimana – e alle difficoltà del modello “just in time” adottato dal settore per garantire efficienza e margini. La pressione globale sui produttori asiatici di semicondut­tori, in primis Taiwan, ha generato forniture a intermitte­nza e ritardi che oggi si traducono in tempi di consegna per alcuni modelli di autovettur­e slittati fino a 8- 9 mesi. « Si tratta di un problema molto complesso – sottolinea Marco Stella, presidente della sezione Componenti di Anfia, associazio­ne delle imprese italiane della filiera automotive – che si è generato nell’anno in cui la spinta verso la ripresa dei volumi avrebbe dovuto essere più significat­iva, con ricadute pesanti sull’intero indotto » . L’intero settore si è mobilitato tanto da chiedere al Governo con una lettera di prorogare le tempistich­e previste dal Decreto che ha introdotto gli incentivi e che consenta ai venditori di confermare l’operazione di vendita entro 300 giorni e non 180, proprio per evitare che i ritardi di consegna che stanno ingessando il comparto non vanifichin­o gli sforzi in campo.

Un allarme, quello sui semicondut­tori, che attraversa il Vecchio Continente con il segretario generale di Clepa, associazio­ne dei componenti­sti auto europei, Sigrid De Vries, che dice al Sole 24 Ore: « In Europa, il 37% della domanda di semicondut­tori arriva dall’automotive. Come il commissari­o per il Mercato interno Thierry Breton ha dichiarato, ciò che sta accadendo per le forniture di semicondut­tori solleva questioni strategich­e per l’Ue, che ora vuole rafforzare le capacità di produzione in questo settore » .

Nel complesso meno del 10% dell’intera produzione di microchip finisce all’automotive, settore finito “in coda” rispetto alle priorità produttive dei giganti asiatici. « Si tratta – spiega Nicola Morzenti consulente di Roland Berger – di un comparto che durante il lockdownd di un anno fa si è fermato mentre l’elettronic­a di consumo ha accelerato. A questo si aggiunga l’incertezza del mercato, che ha spinto i produttori a ridurre le scorte e risparmiar­e cassa. Tutto questo spiega i problemi di questi mesi e la crisi del modello adottato dall’automotive per garantire ampi volumi con magazzini leggeri » .

La soluzione non è scontata e nemmeno veloce. In campo ci sono già ingenti investimen­ti annunciati a livello globale per potenziare la capacità produttiva, non solo in Asia. Si apre dunque una partita che l’Europa deve giocare a livello industrial­e. « Così come per la European Battery Alliance – spiega Marco Stella – serve una strategia che coinvolga produttori di auto e Governi e che sia in grado di installare capacità produttiva in Europa, magari riconverte­ndo vecchie produzioni. La questione non è tanto geopolitic­a quanto di rilevanza strategica visto che la digitalizz­azione su cui l’Europa punta attraversa tutti i settori e richiederà un sempre maggiore impegno nelle produzioni elettronic­he » .

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