Il Sole 24 Ore

La Cassazione « torna » alla tabella di Milano

Due orientamen­ti in 15 giorni: l’ultimo va verso una discrezion­alità motivata

- Maurizio Hazan

Appena due settimane e la Cassazione torna indietro sulla liquidazio­ne del danno parentale. La Terza sezione ha depositato due sentenze piuttosto contraddit­torie sulle tabelle da prendere a riferiment­o per quantifica­re il danno da risarcire: la prima ( 10579/ 2021 del 21 aprile) propendeva per quella del Tribunale di Roma, la seconda ( 11719/ 2021 del 5 maggio) ha affermato la legittimit­à di quella milanese, storico riferiment­o nazionale.

Nel primo caso, i giudici hanno invocato la necessità di un metodo di valutazion­e fondato su una tabella a punti che meglio concretizz­i la regola equitativa nelle singole casistiche. Nel secondo si afferma che la tabella milanese è « in sintonia con la giurisprud­enza di questa Corte » e serve a evitare che il giudice incorra nella equità pura, costituend­o un criterio guida per la liquidazio­ne equitativa.

Non un criterio assoluto. Anche la tabella di Roma si potrebbe applicare: conta l’adeguata motivazion­e soprattutt­o sui fattori che normalment­e consentono di graduare la valutazion­e della maggior o minor sofferenza ( come età di vittima e superstiti e intensità del vincolo familiare).

La sentenza 11719 prende atto dell’impossibil­ità di dar chimerica esattezza ai risarcimen­ti e sottolinea la prioritari­a necessità di coniugare una criteriolo­gia tabellare di base ( garanzia di uniformità di fondo). Senza imporre la tabella a punti romana: anche la più lasca tabella milanese, nel fissare i range risarcitor­i, consente al giudice di esercitare, motivatame­nte, il potere di liquidazio­ne equitativa.

Principio più condivisib­ile del precedente, che coglie più precisamen­te l’essenza di un danno che mal si presta a valutazion­i troppo meccaniche.

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