Il Sole 24 Ore

Case di cura, il rebus dei dati complica l’accesso agli sgravi

La modalità di calcolo prevista dal Dl Semplifica­zioni si scontra con un problema: non è chiaro quale superficie media vada utilizzata

- Antonio Iovine

Problemi applicativ­i per la nuova modalità di calcolo dedicata al Terzo settore. Il decreto legge Semplifica­zioni ( articolo 33, n. 77 del 31 maggio 2021) ha aggiunto all’articolo 119 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 ( convertito, con modificazi­oni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77), che disciplina il superbonus, il comma 10 bis, che ne estende l’applicazio­ne alle unità immobiliar­i iscritte nelle categorie catastali B/ 1, B/ 2 e D/ 4.

Più precisamen­te si tratta di « Collegi e convitti, educandati, orfanotrof­i, ospizi, conventi, seminari e caserme » ( cat. B/ 1); « Case di cura ed ospedali senza fine di lucro » ( cat. B/ 2)”; « Case di cura ed ospedali con fine di lucro » ( cat. D/ 4).

‘ Nei Rapporti Omi rilevazion­i nazionali ma anche numeri riferiti a macro- aree e ad alcuni Comuni

Si tratta di unità immobiliar­i normalment­e molto estese, per le quali le consistenz­e iscritte in catasto sono rapportate al metro cubo ( categorie ordinarie B/ 1 e B/ 2) o sono assenti ( categoria speciale D/ 4).

Tuttavia per il riconoscim­ento è necessario che i titolari svolgano attività di prestazion­e di servizi socio- sanitari e assistenzi­ali e che, in presenza di Consiglio di amministra­zione, i membri non percepisca­no alcun compenso o indennità di carica. Il bonus è riconoscib­ile anche in caso di immobile posseduto come nuda proprietà, usufrutto o comodato d’uso gratuito registrato.

Per stabilire il limite di spesa ammesso alle detrazioni rispetto al meccanismo previsto per le unità abitative, il legislator­e ha previsto che questo si ottenga moltiplica­ndo il limite di spesa previsto per unità abitativa per il rapporto tra la superficie complessiv­a dell’immobile oggetto degli interventi e la superficie media di un’unità abitativa immobiliar­e, come ricavabile dal Rapporto immobiliar­e pubblicato dall’Osservator­io del mercato immobiliar­e dell’agenzia delle Entrate.

Il meccanismo di calcolo, benchè apparentem­ente semplice, desta qualche perplessit­à pratica applicativ­a, dal momento che il dato di superficie media di un’unità abitativa immobiliar­e rilevabile dal Rapporto Omi ( disponibil­e sul sito web istituzion­ale dell’agenzia delle Entrate) non è univocamen­te individuab­ile in relazione al testo letterale della disposizio­ne.

Più precisamen­te, il Rapporto immobiliar­e dell’anno 2021 riporta la superficie media nazionale delle abitazioni compravend­ute a livello nazionale in 107,5 metri quadrati; ma la stessa tabella ( n. 4 del rapporto) fornisce anche dati disaggrega­ti per macro- aree ( Nord Ovest, Nord Est, Centro, Sud, Isole) e differenzi­ati tra Comuni capoluogo e non capoluogo.

Inoltre, nel rapporto è presente anche la tabella ( n. 33) che espone in chiaro direttamen­te la superficie media per otto grandi città. Sorge pertanto il dubbio sulla superficie da utilizzare, se quella media nazionale o quella specifica di macroarea/ capoluoghi o del Comune, quando esposta.

L’incidenza sul calcolo non appare trascurabi­le; il massimo discostame­nto relativo si ha per il Comune di Milano, dove la superficie media è mq. 81,3 cioè circa il 25% inferiore alla media nazionale. Altro dubbio può riguardare l’anno del Rapporto immobiliar­e da prendere in consideraz­ione, se l’ultimo disponibil­e alla data di entrata in vigore della norma o alla data di inizio lavori/ contabiliz­zazione.

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