Lachifarma, al Sud le fiale per il vaccino
L’azienda scelta dal Mise per produzioni anti virus avvia gli investimenti Smantellamento dell’intero sito produttivo finora destinato ad integratori
A 20 kilometri da Lecce, a Zollino, negli stabilimenti della Lachifarma, l’unica azienda farmaceutica del centro sud individuata dal Mise per la produzione dei vaccini anti Covid, si lavora in questi giorni allo smantellamento dell’intero plant produttivo, finora destinato ad integratori e alimenti dietetici, per riconvertirlo ai nuovi compiti produttivi. Entro aprile 2022 in questo stabilimento, circondato da centinaia di ettari di uliveti distrutti dalla xylella, andrà a regime una fabbrica da 2 milioni di dosi di vaccino al giorno, un investimento di 21 milioni di euro. Luciano Villanova - numero 2 dell’azienda fondata dal padre Luigi nel 1985, quando chiuse la sua farmacia e diede vita ad un polo di produzione di medicinali, e paramedicinali, oggi destinati a 17 multinazionali ed esportati anche in Africa ed Estremo Oriente - ha le idee chiare. La riconversione della srl che, nel 2020 ha raggiunto un fatturato di 25 milioni di euro, è « un progetto imprenditoriale di lungo periodo, strategico, che va oltre il Coronavirus, e da realizzare in ogni caso. Con o senza aiuti pubblici noi siamo partiti - sottolinea - e ad aprile prossimo saremo pronti a produrre » . Per l’investimento, che in termini occupazionali significherà altri 70 addetti oltre i 50 attuali, l’azienda di Zollino impegnerà per metà capitali propri e per l’altra prestiti bancari. Dunque sulle risorse pubbliche dei contratti di sviluppo, pensati per creare il polo industriale farmaceutico italiano dei vaccini, Villanova è cauto. « Bisognerà vedere se saremo disponibili ad accettare questo intervento- dice. Se ci sono delle forme di agevolazione fiscale e contributiva della Ue, veicolate attraverso l’Italia, e messe a disposizione delle regioni, all’occorrenza valuteremo » . Avviata la riconversione degli impianti occorrerà capire però quale tipologia di vaccino andrà alla Lachifarma che, tra le 5 aziende selezionate, è anche l’unica con capitale sociale interamente italiano, quello della famiglia Villanova ( « Non siamo succursali di multinazionali con capitali esteri che sono locate in Italia » - dice il vice presidente). In funzione del tipo di vaccino da produrre andrà esteso il contenuto del decreto autorizzativo dell’Aifa che, oggi, è circoscritto alla produzione di alcune specialità medicinali, diverse dai vaccini appunto. In questo processo a tappe è fondamentale anche il bioreattore necessario per la fase “bulk”, ovvero la miscela del principio attivo e degli altri componenti del vaccino, insomma il semilavorato, prima dell’infialamento. Il bio reattore è stato opzionato e così la quasi totalità dei macchinari necessari per la produzione. Il resto dipenderà dal tipo di vaccino che andrà in produzione perchè le tecnologie saranno diverse se occorrerà infialare Pfizer piuttosto che Moderna, etc. I contatti con le big pharma detentrici del brevetto? « Sono in piedi – dice Villanova - e sono ad uno stadio molto avanzato. Abbiamo ricevuto manifestazioni di interesse al nostro progetto industriale da parte di diverse società estere detentrici del brevetto, e stiamo facendo delle valutazioni di carattere tecnico- industriale » .