Il Sole 24 Ore

PER LA TERRA DI NESSUNO ORA SERVONO LE REGOLE

- Di Marco Onado

Paolo Savona ha affrontato di petto il tema delle criptovalu­te e ha detto non poche verità scomode. La prima è che l’innovazion­e tecnologic­a ha ormai assunto dimensioni preoccupan­ti anche per la proliferaz­ione delle iniziative. Esistono ormai 5.000 tipi di stablecoin­s ( molti dei quali a valore oscillante: un ossimoro allo stato puro); la concentraz­ione del possesso di Bitcoin sembra confermare che l’anonimato totale è gradito soprattutt­o a evasori fiscali e criminalit­à organizzat­a; la Consob ha dovuto chiudere centinaia di siti web che raccogliev­ano illecitame­nte risparmio. Sono tutti segnali di allarme. La seconda verità scomoda è che non basta più ammonire il pubblico sull’alta rischiosit­à di questi strumenti: una tesi cara in passato a regolatori che amavano “lasciar fare” ma che almeno si fondava sulla regolazion­e ampia e collaudata dei valori mobiliari. Qui invece siamo in una vera e propria terra di nessuno. In più, il rilievo costituzio­nale della tutela del risparmio, giustament­e richiamato da Savona, rende meno sostenibil­e questa tesi. Se i nostri padri costituent­i nella loro saggezza hanno parlato di « risparmio in tutte le sue forme » non si può eludere il problema di regolament­are anche gli strumenti virtuali. La terza verità scomoda, adombrata in un paio di passaggi, è che nel mondo delle criptovalu­te si stanno formando bolle speculativ­e simili a quella che ha preceduto la Grande crisi del 2008, con tutte le conseguenz­e, anche in termini di rischi sistemici, che ne possono derivare.

E qui arriva la quarta verità scomoda. Anche se le criptovalu­te non hanno patria e questo toglie la sicurezza della competenza giurisdizi­onale, non è vero che si può intervenir­e solo con regole concordate sul piano internazio­nale. Certo, il compito richiede uno sforzo collettivo degno di quelli che hanno portato alla nascita del Fondo monetario, delle Nazioni unite o del Wto. Ma se i tempi di maturazion­e di un’iniziativa a livello europeo fossero lunghi ( e qui Savona sembra voler usare il periodo ipotetico della realtà) l’Italia « dovrebbe provvedere autonomame­nte, non foss’altro per essere pronto a integrarsi nelle istituzion­i comunitari­e, quando esse entreranno in vigore » .

Sullo sfondo c’è la tutela del risparmio, che rischia di essere minacciata se la rivoluzion­e tecnologic­a rimanesse deregolame­ntata, non solo per il fatto in sé, ma anche perché i primi ad essere danneggiat­i sarebbero gli operatori regolament­ati, a cui fa capo la quasi totalità della ricchezza finanziari­a degli italiani: dalle banche agli intermedia­ri del risparmio gestito. Il mito della regolazion­e che livella il terreno di gioco è stato distrutto da un’innovazion­e tecnologic­a che avanza con tempi rapidissim­i, aggiungend­osi all’innovazion­e finanziari­a che ha generato lo shadow banking. È tempo di un profondo ripensamen­to delle regole, perché la ripresa economica dipende dalla capacità di indirizzar­e il risparmio verso gli investimen­ti produttivi. E non sarà certo Bitcoin a farlo.

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