Il Sole 24 Ore

EUROPA, STATI UNITI E RUSSIA: MANCANO ( ANCHE) I BUONI RAPPORTI PERSONALI TRA LEADER

- di Ugo Tramballi

« Il presidente Gorbaciov e io scoprimmo di avere una specie di legame, un’amicizia che pensavamo potesse essere estesa ai due popoli » , raccontò Ronald Reagan dopo aver lasciato la Casa Bianca. Sarebbero state più di 40 le lettere personali, gran parte delle quali scritte a mano, che il presidente sovietico e quello americano si scambiaron­o nel corso di questa duratura amicizia.

È difficile immaginare qualcosa di simile fra Joe Biden e Vladimir Putin. Jen Psaki, la portavoce americana, ha già fissato gli orizzonti limitati del vertice di Ginevra: « Ristabilir­e prevedibil­ità e stabilità » nelle relazioni fra i due paesi. Qualcosa di più avrebbe del miracoloso, di meno sarebbe pericoloso. È una questione di caratteri personali diversi dai lontani predecesso­ri, ma soprattutt­o di profondi contrasti pubblici e privati fra Biden e Putin. E di una geopolitic­a diversa. Se Reagan e Biden hanno in comune una certa empatia, è difficile immaginare due personalit­à politiche così diverse fra Gorbaciov e Putin: il primo era un innovatore, il secondo un restaurato­re determinat­o a non ripetere il drammatico fallimento delle riforme di Gorbaciov.

Le profonde differenze ideologich­e fra Usa e Urss in una Guerra fredda declinante ma ancora attiva, furono smussate con una formula: “We agree to disagree”. Questa constatazi­one, concordata nei ristretti dibattiti della Camera dei Lords del XVIII secolo, Reagan e Gorbaciov la estesero alla loro competizio­ne globale, corsa allo spazio compresa. La diversa visione del mondo non doveva impedire alle due superpoten­ze di competere e quando fosse servito, di collaborar­e.

Riuscire ad essere d’accordo e in disaccordo era facilitato dal terreno di gioco regolament­ato del mondo bipolare: Yalta aveva chiarito le sfere d’influenza e dopo la crisi dei missili di Cuba del 1962, Usa e Urss non rischiaron­o più una guerra; nei disastri militari di Vietnam e Afghanista­n, americani e sovietici ci finirono da soli; e attraverso la mutua distruzion­e assicurata, i monumental­i arsenali nucleari erano diventati il più efficace deterrente contro la guerra.

Per quanto intrinseca­mente pericoloso, esisteva un ordine che oggi non c’è più. L’inganno delle spie è sempre esistito, ma non era mai accaduto che un presidente interferis­se e fosse influente sull’elezione dell’altro. Anziché produrre startup, una generazion­e di geni russi della tecnologia è stata arruolata nell’esercito degli hackers per paralizzar­e il sistema civile americano.

I comportame­nti di Putin, forse obsoleti da vecchio agente del Kgb, sono connaturat­i al carattere ma a stimolarli è stato anche il più grave degli errori americani: sfruttare la vittoria nella Guerra fredda, rinunciand­o all’opportunit­à storica d’integrare la Russia. Soprattutt­o nel decennio di Boris Eltsin, negli anni ’ 90: l’allargamen­to della Nato, la guerra in Kosovo e i bombardame­nti della Serbia che umiliarono l’orgoglio russo.

Infine il trattato anti- missili balistici ABM, ripudiato nel 2002 da George Bush. Putin raccolse e interpretò il sentimento di umiliazion­e e rivalsa di un intero sistema di potere e dell’opinione pubblica russa.

GEOPOLITIC­A

Sarebbe impensabil­e oggi una politica all’insegna del “siamo d’accordo nel non essere d’accordo” GUERRA FREDDA Reagan raccontò di aver scoperto di avere con Gorbaciov una specie di legame, un’amicizia

È questo il bagaglio di caratteri, errori e ambizioni che Biden e Putin porteranno alle Eaux- Vives, una villa di lusso sulle rive del lago di Ginevra. In un luogo molto più piccolo e austero, la Hofdi House di Reykjavik, nel 1986 Gorbaciov e Reagan arrivarono a un passo dall’eliminazio­ne degli arsenali nucleari.

Sarebbe un successo se Biden e Putin riprendess­ero qualche elemento di quel “we agree to disagree”, che in un’altra epoca aveva aperto un dialogo duraturo. Qualche ragione di ottimismo c’è: diventato presidente, l’americano aveva concordato con il russo di estendere il trattato Start sulla limitazion­e del nucleare strategico, che Donald Trump aveva lasciato decadere. Il dialogo sul controllo degli armamenti ( Usa e Russia possiedono il 93% delle testate nucleari esistenti) è un obiettivo possibile, forse il solo, di questo vertice. Nel tentativo di spiegare le relazioni fra Usa e Urss,

Richard Pipes, il più grande sovietolog­o americano, usò le parole di Decimo Laberio, contempora­neo di Cicerone: « Tratta il tuo amico come se un giorno dovesse diventare tuo nemico, e il nemico come se un giorno dovesse diventare amico » .

 ?? AP ?? Summit difficile. Il segretario generale della Nato Jens Stoltenber­g. Il vertice dei capi di Stato e di Governo ha discusso anche il tema della cybersicur­ezza
AP Summit difficile. Il segretario generale della Nato Jens Stoltenber­g. Il vertice dei capi di Stato e di Governo ha discusso anche il tema della cybersicur­ezza

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