Letta dopo il no di Torino: M5S scelta di buon senso
Le primarie bocciano il candidato filo alleanza, ma i dem le difendono Fassino: così i cittadini si esprimono. Parisi: conta vera, dai torinesi schiaffo ai 5 Stelle
« Le primarie restano un metodo di selezione che consente si cittadini di far conoscere la propria opinione. E che a Torino la scelta abbia coinvolto quasi 12mila cittadini è in ogni caso un esercizio di ben più ampia democrazia rispetto a una candidatura scelta in un circolo ristretto di dirigenti » . Il primo a voler minimizzare il flop della partecipazione alle primarie del centrosinistra nella sua Torino tenutesi sabato e domenica è l’ex sindaco democratico Piero Fassino, che dieci anni fa ( « un’altra era politica » , si schermisce) portò ai gazebo 53mila votanti. Ma anche fermandosi a primarie più vicine a noi, quelle per la scelta del segretario nel 2019, i votanti a Torino erano stati 23mila. E colpisce anche che i votanti sono stati meno delle oltre 16mila firme raccolte per presentare le candidature dei quattro partecipanti. Ma sia Fassino sia il segretario del Pd Enrico Letta notano che ancora non siamo usciti dalla pandemia: « Queste sono le prime primarie del dopo Covid, e tutte le attività stanno iniziando con grande inerzia. Vedere però 12mila cittadini torinesi che partecipano rappresenta secondo me un messaggio molto forte, positivo, che ci dice che le cose ritornando normali » , dice Letta, che sottolinea come « noi siamo diversi dal centrodestra. Nel caso di Torino, molto meglio decidere in 12mila che in due » .
Che poi, sottolinea ancora Fassino, le primarie sotto la Mole Antonelliana sono state primarie vere, senza un candidato ” blindato” dal partito come a Roma ( Roberto Gualtieri) e Bologna ( Matteo Lepore contro la renziana Isabella Conti). E infatti il risultato dà qualche indicazione sull’orientamento dei militanti: ha vinto sì il favorito Stefano Lo Russo inviso al M5s per la sua dura opposizione in consiglio comunale alla sindaca uscente Chiara Appendino ( nel 2017 la denunciò per falso in bilancio), ma il competitor democratico Enzo Lavolta, che invece ha avuto nei giorni scorsi l’endorsement “esterno” della viceministra pentastellata Laura Castelli, è arrivato terzo dopo il civico Francesco Tresso appoggiato da Sinistra italiana. « A conferma dell’utilità delle primarie - chiosa Fassino - sta anche la distribuzione territoriale e sociale del voto, con il successo di Tresso » . Che quelle di Torino siano state primarie vere lo pensa anche l’inventore dell’Ulivo e delle prime grandi primarie di coalizione che incoronarono Romano Prodi candidato premier nel 2005. Ma il professor Arturo Parisi dà una lettura diversa dei risultati torinesi: « Diciamo che dal punto di vista della dinamica della competizione le primarie di Torino erano le uniche nelle quali c’era sì un candidato caldeggiato dal gruppo dirigente Pd, ma tuttavia né l’unico né proposto come quello ufficiale. Con un esito perciò in qualche modo aperto - è il ragionamento di Parisi -. E di questo spiraglio i votanti del Pd sembrano avere abbondantemente approfittato per manifestare il loro No alla alleanza organica coi 5 Stelle sostenuta dalla segreteria nazionale non solo inchiodando alla terza posizione il candidato filo M5s ma ancor prima non andando a votare, se è vero che i voti a favore del candidato “grillorso” sono stati enormemente inferiori alla forme raccolte per la presentazione della candidatura ( oltre 9mila firme e meno di 3mila voti) » .
Se a Roma la vittoria di Gualtieri è scontata, e questo probabilmente non incentiverà la partecipazione, a Bologna domenica prossima andrà in scena il redde rationem tra filo M5s e contrari: se dovesse vincere la giovane sindaca di San Lazzaro Conti, nonostante l’irrituale endorsement in favore di Lepore arrivato da Giuseppe Conte in persona, del risultato si parlerà a lungo. Ma, pur rimarcando la competition con il M5S, Enrico Letta ha ribadidto proprio ieri la linea: « Io lavoro per un Pd e un centrosinistra forte con un’identità marcata, poi nel quadro politico italiano dobbiamo costruire un’alternativa allo schieramento di Salvini e Meloni con Conte e i Cinque stelle. Non ci sono allontanamenti o avvicinamenti, è semplicemente buon senso » . Chissà se gli elettori bolognesi voteranno con altrettanto “buon senso”.