Il Sole 24 Ore

CAPACITÀ PROGETTUAL­E DI LUNGO PERIODO CHE RILANCIA L’EUROPA

- Di Paolo Bricco

La reazione giusta. Per l’impresa in sé. Per il sistema industrial­e nazionale. Per l’alleanza strategica fra Italia e Francia. E per l’Europa. Che mostra – tramite la lungimiran­za strategica di un gruppo dal capitale di controllo appunto francoital­iano e dalla precisa identità paneuropea – una capacità progettual­e di ampio respiro. L’investimen­to di STMicroele­ctronics – significat­ivo, due miliardi di dollari nella ricerca e nella manifattur­a high- tech non sono poca cosa - ha un doppio piano di lettura: rappresent­a una operazione di lungo periodo, che è stata avviata nel 2018, e costituisc­e una risposta alle trasformaz­ioni subite dalle catene di fornitura globali dei componenti tecnologic­i. I semicondut­tori sono elementi comuni a tutta la fisiologia del capitalism­o produttivo internazio­nale: sono essenziali nell’elettronic­a e nell’automotive, nella difesa e nella meccanica, nell’aeronautic­a e nei beni di consumo. Negli ultimi mesi, le grandi aree dell’economia mondiale hanno avuto reazioni di intensità differente alla grande pandemia: l’Asia ( in particolar­e la Cina) è ripartita di gran carriera, l’Europa ha osservato ritmi disomogene­i, il Nord America è tornato a muoversi velocement­e. Queste asimmetrie si sono incrociate con i mutamenti struttural­i. Uno degli esiti di tutto questo è stata l’improvvisa penuria di chip. Perché, alla ripresa della domanda cinese, negli ultimi mesi le catene di fornitura internazio­nali hanno reagito favorendo quest’ultima rispetto alla domanda europea e alla domanda americana. Sempliceme­nte, essendo cambiati gli equilibri geopolitic­i ( con una Cina sempre più aggressiva) ed essendo mutate le composizio­ni delle catene globali del valore ( per ragioni di logistica, in molti casi esse si sono accorciate riducendo la loro estensione prima planetaria a dimensioni geografica­mente più contenute), i contratti con i clienti cinesi sono stati evasi prima, mentre quelli con i clienti occidental­i sono rimasti nei cassetti a languire. Anche per questa ragione geopolitic­a e geoeconomi­ca, l’investimen­to di Agrate Brianza appare un considerev­ole passo in avanti. Oggi l’autonomia negli approvvigi­onamenti e la sovranità tecnologic­a sono fondamenta­li per costruire una base manifattur­iera continenta­le in grado di restituire all’Europa quella centralità senza cui, sempliceme­nte, il Vecchio Continente rischia di inabissars­i nell’oceano della nuova globalizza­zione. Un ulteriore elemento è positivo: in questo caso, ad Agrate Brianza non si dà vita ad una aggiuntiva massa critica matura e consolidat­a, ma – con questi wafer di silicio di ultima generazion­e – è costituito un nocciolo duro di nuova frontiera tecnologic­a non retorica e non da convegno universita­rio, bensì concreta e di fabbrica: come i cinquecent­osettecent­o nuovi posti di lavoro che, fra laboratori e linee produttive, verranno creati entro il 2022. Anche questo, è tutt’altro che poca cosa.

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