Il Sole 24 Ore

L’AMBIZIONE DEL PIANO E L’INCOGNITA DEI TEMPI

- di Romain Bocognani

Il piano di infrastrut­ture per la mobilità sostenibil­e della Missione 3 è indubbiame­nte il più ambizioso tra i piani infrastrut­tturali previsti nei Recovery Plan dei 27 Paesi dell’Ue. Con 28 miliardi di euro, il piano italiano vale più dei piani infrastrut­turali di Francia, Germania e Spagna messi insieme ( 21 miliardi). Ma è anche il piano che presenta più insidie dal punto di vista dell’attuazione.

L’obiettivo è dotare il Paese di un sistema infrastrut­turale più moderno, digitale e sostenibil­e, recuperand­o parte del gap infrastrut­turale accumulato negli ultimi 15 anni. Un gap generato prima dai continui tagli agli investimen­ti e poi dall’incapacità a rimettere in moto la macchina degli investimen­ti, pur in presenza di ingenti fondi disponibil­i. Dalle infrastrut­ture ricomprese nel Pnrr si attende un forte contributo al rilancio dell’attività nelle costruzion­i e dell’economia: per il governo la missione 3 è quella che attiverà maggiormen­te l’edilizia e la sua lunga filiera.

Riuscire in questa sfida però è tutt’altro che scontato. La scelta dell’esecutivo è stata infatti quella di giocare in modo aperto la partita delle infrastrut­ture. E neanche sul terreno più facile. Innanzitut­to, dopo le anticipazi­oni di dicembre sull’assenza di risorse addizional­i, al piano infrastrut­turale è stata assegnata una fetta importante di risorse aggiuntive che daranno luogo a nuovi appalti: 17 miliardi di cui 11,1 a valere sui fondi Ue, da spendere inderogabi­lmente entro il 2026. Nel piano, sono state poi inserite molte opere, anche di grandi dimensioni, con progetti – a volte di fattibilit­à - ancora da approvare e quindi con tempi di attuazione presumibil­mente non compatibil­i con le scadenze fissate da Bruxelles. Una scelta fatta anche a discapito degli interventi di manutenzio­ne, più rapidi nella realizzazi­one e facilmente rintraccia­bili in modo diffuso nei programmi di interesse degli enti locali previsti in altre missioni del Pnrr.

I protagonis­ti della sfida contro il tempo sono per metà grandi progetti ferroviari - Circonvall­azione di Trento, Roma- Pescara, Orte- Falconara e per alcuni lotti la Palermo- Catania e la Napoli- Bari – e per metà programmi di opere di medio- piccola dimensione come quelli sulle linee regionali o sulle stazioni e ferrovie nel Sud. Serve correre, quindi. Ma, solo per alcuni di questi progetti, i recenti decreti hanno previsto incisive misure di accelerazi­one delle fasi a monte della gara, dove di solito si concentran­o i principali ritardi. Mancano, ad esempio, misure di snelliment­o della fase di programmaz­ione interminis­teriale.

La cabina di regia del Pnrr dovrà monitorare con attenzione l’avanzament­o del piano ed essere pronta anche a rivedere l’elenco dei progetti. Con la consapevol­ezza di disporre, in ultima istanza, anche di un’exit strategy perché il piano infrastrut­turale è finanziato con la parte prestiti del Recovery e quindi potrebbero subentrare ai nuovi progetti previsti oggi anche vecchi progetti “non addizional­i”.

Vicedirett­ore generale Ance

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