Dalle banchine alle navi: così il Recovery taglia le emissioni degli scali
Tra le misure previste ci sono 270 milioni per contenere i consumi energetici delle strutture portuali
Più finanziamenti sparsi su più voci anche se ufficialmente l’efficientamento e la riduzione dei consumi energetici di strutture e attività portuali è l’obiettivo dell’intervento ribattezzato “porti verdi”. Se, invece, si allarga lo sguardo ad altri aspetti strettamente collegati al miglioramento complessivo della performance energetica degli scali italiani, va chiarito subito che le misure sono diverse e distribuite tra il Piano nazionale di ripresa e resilienza e il Fondo complementare. Tanti rivoli che documentano però l’assenza nel Recovery Plan di una strategia d’insieme sulle strutture portuali della penisola e che si limitano a riprendere le linee di intervento di progetti già noti come “Italia Veloce” e “Porti d’Italia” messi a punto dal precedente esecutivo.
Porti verdi
Il Pnrr prevede innanzitutto 270 milioni di euro di prestiti per promuovere la sostenibilità ambientale delle aree portuali e renderle compatibili con i contesti urbani, anche con interventi di potenziamento dell’efficienza energetica e di sviluppo dell’uso di energie rinnovabili negli scali. Il progetto “Porti verdi”, come si chiarisce negli allegati tecnici del Piano trasmessi a Bruxelles, si sviluppa nei porti delle 9 Autorità di sistema portuale del centro- nord: Mar Ligure Occidentale ( porti di Genova, Prà, Savona e Vado Ligure), Mar Ligure Orientale ( La Spezia e Marina di Carrara), Mar Tirreno Settentrionale ( Livorno, Capraia, Piombino, Rio Marina, Portoferraio e Cavo), Mar Tirreno Centro- Settentrionale ( Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta), Mare di Sardegna ( Cagliari, Olbia, Golfo Aranci, Porto Torres, Oristano, Portovesme, Santa Teresa Gallura), Mar Adriatico Centrale ( Ancona, Falconara, Pescara, Pesaro, San Benedetto del Tronto e Ortona), Mar Adriatico Centro- Settentrionale ( Ravenna), Mar Adriatico Orientale ( Trieste), Mar Adriatico Settentrionale ( Venezia e Chioggia).
Secondo la tabella di marcia fissata dal Recovery, entro la fine del 2022 dovrà scattare l’assegnazione dei lavori - che, secondo l’orientamento emerso finora al Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, avverrebbe tramite gara e senza il ricorso a partnership pubblico- private - da almeno 7 Autorità di sistema portuale sulla base di progetti integrati, mentre il completamento dei lavori da parte di tutte le autorità è fissato entro la fine del 2024. L’obiettivo è conseguire, a fine Piano, una riduzione annuale del 20% delle emissioni di CO2 nelle aree portuali interessate.
Elettrificazione delle banchine
Accanto a questo, però, ci sono altre misure funzionali a ridurre l’impatto ambientale degli scali, la cui copertura è prevista dal Fondo complementare finanziato con l’ultimo scostamento di bilancio. Da lì, infatti, arrivano, per cominciare, 700 milioni per l’elettrificazione delle banchine ( cold ironing), su cui comunque interviene anche il Piano che prevede una riforma per spingere questo tassello con la definizione e approvazione di procedure semplificate per realizzare infrastrutture dedicate alla fornitura di energia elettrica da terra alle navi durante la fase di ormeggio. Un passaggio, quello normativo, su cui è al lavoro, insieme al Mims, anche Terna che si pone come soggetto attivo nel garantire l’infrastruttura di rete. La società ha poi condotto numerosi studi su più di 35 porti italiani e ha concluso che gli interventi di sviluppo portati a compimento negli ultimi anni permettono di soddisfare il fabbisogno di energia richiesto per lo sviluppo del cold ironing.
Il Fondo complementare
Sempre nel Fondo complementare, poi, sono ricompresi anche 800 milioni per il rinnovo delle flotte con navi “verdi”, alimentate con combustibili alternativi come il gas naturale liquefatto ( Gnl), nonché due interventi per migliorare la sostenibilità complessiva dei porti: 1,47 miliardi per sviluppare l’accessibilità marittima e la resilienza delle infrastrutture portuali ai cambiamenti climatici e 390 milioni per aumentare selettivamente la capacità portuale ( innanzitutto negli scali di Venezia, La Spezia, Napoli e Cagliari). E il primo dei due finanziamenti, che include 500 milioni per la nuova diga Foranea del Porto di Genova e 400 milioni per progetti di ammodernamento e sviluppo di quello di Trieste, dovrebbe servire anche a garantire la diffusione di sistemi di dragaggio dei fondali meno impattanti per l’ecosistema marino- costiero rispetto a quelli attualmente adottati per migliorare l’agibilità degli scali. Uno di questi rinvia alla draga “ecologica” brevettata da Fincantieri che consente l’asportazione dei sedimenti senza contatto con il fondale e che garantisce un ridotto riverbero a livello ambientale. Un sistema che il gruppo utilizzerà, da luglio, nel Porto di Ravenna, dove si è aggiudicata i lavori di escavo per circa 9 milioni di euro.