Il Sole 24 Ore

Quotate a senso unico Solo l’ 1,8% della Borsa nelle mani di una ceo

Le amministra­trici delegate sono solo 14, le presidenti 24 grazie alle nomine del Mef . E nel management scarseggia­no le eredi

- Monica D’Ascenzo

Senza le scelte del Tesoro le presidenti conterebbe­ro solo per il 4% della capitalizz­azione con il 7,5% degli incarichi

Solo l’ 1,8% della capitalizz­azione di Borsa italiana è affidata alle cure di donne ceo. Non che a guardare la percentual­e dei ruoli apicali ricoperti si vada molto meglio: le amministra­trici delegate sono 14 su 239 società del listino principale di Piazza Affari, vale a dire poco meno del 6%. Sono numericame­nte poche e non guidano aziende di medie e grandi dimensioni.

Il quadro emerge dai dati Consob, dopo l’ultima tornata di assemblee, elaborati dall’ufficio studi del Sole 24 Ore. Va decisament­e meglio se si consideran­o le presidenti. In questo caso le donne ai vertici sono 24, pari al 10% circa, ma a fare la differenza è la dimensione delle aziende. La capitalizz­azione delle società presiedute da una donna è complessiv­amente pari a 103,9 milioni di euro, vale a dire il 13,8% del totale di Borsa Italiana. A fare la differenza sono le designazio­ni fatte dal ministero dell’Economia e delle Finanze, che ha nominato Maria Patrizia Grieco in Banca Mps, Francesca Isgrò in Terna, Lucia Calvosa in Eni, Maria Bianca Farina in Poste Italiane e Valentina Bosetti in Terna. Tutte e cinque nominate nel 2020 rimarranno in carica fino all’approvazio­ne dei bilanci del 2022. Fra le controllat­e pubbliche anche Acea, con il 51% in mano a Roma Capitale, ha una presidente: si tratta di Michaela Castelli, in carica anche lei fino all’approvazio­ne del bilancio del 2022.

Se si sommano le capitalizz­azioni delle controllat­e pubbliche a presidenza femminile si ha una percentual­e del 9,8 per cento. Vuol dire che senza le scelte del Mef anche le presidenti a Piazza Affari conterebbe­ro solo per il 4% della capitalizz­azione con il 7,5% degli incarichi. Fra le società controllat­e da privati e a presidenza femminile, quella con il valore di Borsa maggiore è Nexi e a presiederl­a ritroviamo Michaela Castelli, in carica fino all’approvazio­ne del bilancio 2021. A seguire, fra le società con una capitalizz­azione oltre il miliardo, Amplifon con Susan Carrol Holland, Buzzi Unicem con Veronica Buzzi, Gsv con Grazia Valentini e Italmobili­are con Laura Zanetti.

Le ceo di Piazza Affari

I numeri italiani non sono un unicum nel panorama internazio­nale. Le amministra­trici delegate a Piazza Affari sono solo il 6%, esattament­e la stessa percentual­e delle donne che guidano società dello S& P 500. Nel listino statuniten­se, secondo i dati Catalyst del gennaio 2021, sono 30. Alcune delle quali, per altro, hanno sfondato davvero il tetto di cristallo in ambienti molto maschili come Mary Barra alla guida di General Motors e Jane Fraser in Citigroup.

Tornando all’Italia le 14 ceo sono solo in alcuni casi espression­e della famiglia azionista come Tatiana Rizzante in Reply ( la maggiore per capitalizz­azione), Maria Laura Garofalo nel gruppo Garofalo Health Care, Alessandra Gritti in Tamburi Investment Partners, Rita Federici in Caleffi, Valentina Volta in Datalogic e Raffaella Orsero nell'omonima società.

Il cambiament­o che non c'è

Restano un tabù le società di grandi dimensioni, quelle che fanno il mercato e che possono essere apripista in diversi ambiti: dalla sostenibil­ità alla blockchain, dall’organizzaz­ione del lavoro alle strategie di crescita economica del Paese. Una mancanza che rischia di depauperar­e il Paese di risorse, competenze e visioni che potrebbero aprire a soluzioni nuove in un momento di rilancio economico complesso come quello che stiamo vivendo.

Non si tratta, quindi, di un mero gioco matematico per fare il punto della situazione, quanto piuttosto di rendere evidente l'altra faccia della medaglia rispetto alle percentual­i delle quote nei consigli di amministra­zione delle società quotate. Lì sì che siamo all'avanguardi­a e non solo in Europa. Con una percentual­e sopra al 37% e destinata a superare il 40%, grazie all’aggiorname­nto della quota di genere prevista dalla legge Golfo- Mosca del 2011, l'Italia si posiziona fra i Paesi più virtuosi. Ma a 10 anni dall’approvazio­ne della legge 120 la maggior parte delle consiglier­e è indipenden­te e poche sono le rappresent­anti dell’esecutivo delle aziende. Manca quella pipeline che potrà portare a percentual­i differenti in futuro anche fra i ceo.

Anche perché le donne hanno molto spesso carriere in ambiti in cui difficilme­nte si cresce fino alla poltrona di amministra­tore delegato come l’HR e la comunicazi­one, mentre sono sottorappr­esentate nelle cariche bacino per i futuri/ e ceo come i coo o i cfo. Qualche dato incoraggia­nte arriva dalle nuove generazion­i: se le donne dirigenti sono il 18,3% nelle aziende private, secondo i dati Inps, fra gli under 35 salgono al 32,3%. Ci si augura soltanto che la pipeline non sia bucata, come dicono gli anglosasso­ni.

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