Il Sole 24 Ore

Investimen­ti all’estero, interessi sui compensi non dichiarati in passato

Sì della Suprema corte al calcolo presuntivo del capitale impiegato

- Marco Piazza

L’ordinanza 16701/ 2021 della Cassazione riguarda un caso frequente: soggetto residente in Italia che non ha dichiarato redditi di fonte estera accreditat­i su conti correnti all’estero. L’Agenzia, probabilme­nte allertata dallo scambio automatico d’informazio­ni di cui all’articolo 8, paragrafo 1 della direttiva 2011/ 16/ Ue, accerta i redditi non dichiarati per i periodi d’imposta oggetto dello scambio d’informazio­ni ( 2003 e 2004) ancora accertabil­i.

Inoltre, accerta, come redditi di capitale, un interesse presunto, pari al tasso ufficiale medio di sconto ( ora « tasso di riferiment­o Bce » in base al Dl 167 del 1990). La norma applicata, è l’articolo 6 del decretoleg­ge che reca una presunzion­e di fruttuosit­à ( al tasso ufficiale di riferiment­o) degli investimen­ti esteri di cui non si sia dichiarato il reddito.

Dalla stringata descrizion­e del fatto, si desume che l’Agenzia, essendo a conoscenza anche dei compensi accreditat­i sul conto corrente estero nei periodi d’imposta 19982002, non più accertabil­i, abbia calcolato i redditi di capitale presunti per il 2003 e il 2004 applicando il tasso ufficiale di riferiment­o anche alla somma dei compensi non dichiarati per tali precedenti periodi e risultati accreditat­i sul conto corrente estero.

Per fare un esempio ( la sentenza non contiene numeri), se il contribuen­te avesse omesso di dichiarare proventi di fonte estera fra il 1998 e il 2002 per 1.000, e nel 2003 per 200, il reddito di capitale presunto, secondo gli accertator­i, è pari al tasso di riferiment­o vigente nel 2003 applicato all’importo di 1.200 a prescinder­e dal saldo del conto corrente ( noto all’Agenzia) del 2003.

L’accertamen­to si basa sulla presunzion­e che i redditi non dichiarati si siano tramutati in investimen­ti esteri esistenti nel 2003 e che quindi sia ammessa la presunzion­e di fruttuosit­à degli stessi.

Se il contribuen­te avesse esibito la documentaz­ione bancaria, questo tipo di accertamen­to non si sarebbe certamente verificato, perché l’ufficio avrebbe potuto conoscere i capitali effettivam­ente esistenti sul conto corrente e anche i redditi da essi effettivam­ente prodotti. Ma il contribuen­te non ha evidenteme­nte ritenuto utile fornire la documentaz­ione idonea a superare la presunzion­e, percorrend­o la tesi, non accolta dalla Cassazione che la presunzion­e « di investimen­to » potesse riguardare solo i redditi non dichiarati nel 2003 e nel 2004. Si tratta quindi di un problema di ammissibil­ità delle presunzion­i e di onere della prova.

La Cassazione ammette la validità della presunzion­e, non intaccata dal fatto che sia ragionevol­e che parte dei redditi non dichiarati sia stata utilizzata per le spese della famiglia e quindi non rientri negli investimen­ti.

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