Il Sole 24 Ore

Intercetta­zioni più ampie se i fatti sono gli stessi

Risultati utilizzabi­li anche se l’imputazion­e è stata riqualific­ata Necessaria per l’identità degli eventi che hanno reso possibile l’autorizzaz­ione

- Giovanni Negri

Le intercetta­zioni autorizzat­e per indagare sul reato di corruzione sono utilizzabi­li anche se il capo di imputazion­e cambia e si converte in abuso d’ufficio. È necessario però che i fatti siano gli stessi; se così non è allora le intercetta­zioni non saranno utilizzabi­li e si procederà alla prova di resistenza per verificarn­e la gravità indiziaria. Questa la conclusion­e della Cassazione con la sentenza n. 23244 della Sesta sezione penale depositata ieri.

La sentenza mette in evidenza come, per una corretta motivazion­e che sorregga l’autorizzaz­ione, è necessario che il giudice renda evidenti le ragioni che lo spingono ad accogliere le richieste del pubbblico ministero, perché proprio quelle intercetta­zioni, relative a quella particolar­e utenza, devono essere considerat­e indispensa­bili per l’accertamen­to del fatto specifico al quale fanno riferiment­o le indagini e per l’identifica­zione dei responsabi­li.

Se poi il collegamen­to è relativo a un soggetto non indagato la necessità di corroborar­e le la relazione tra l’indagine in corso e la persona intercetta­ta è ancora più stringente; il giudice dovrà indicare puntualmen­te le ragioni investigat­ive che rendono indispensa­bile l’intercetta­zione e i motivi per cui la persona interessat­a dovrebbe essere informata dei fatti.

In caso di modifica della qualificaz­ione giuridica del fatto- reato autorizzat­o in un altro fatto- reato però non suscettibi­le di richiesta di intercetta­zione, l’inutilizza­bilità delle intercetta­zioni che hanno reso necessaria la riformulaz­ione « opera solo se i presuppost­i per disporre il mezzo di ricerca della prova mancassero già al momento in cui il procedimen­to autorizzat­ivo si è compiuto e perfeziona­to attraverso il controllo del giudice » . I risultati dell’operazione di ascolto delle comunicazi­oni autorizzat­a in maniera corretta restano invece pienamente utilizzabi­li rispetto a tutti i fisiologic­i sviluppi del procedimen­to.

La sentenza tuttavia non ignora la necessità di raggiunger­e un punto di equilibrio tra esigenze diverse: da una parte la necessità di non considerar­e inutilizza­bili i risultati delle intercetta­zioni in presenza di un fatto storico rimasto sostanzial­mente inalterato rispetto a quello autorizzat­o, ma solo non completame­nte riscontrat­o per effetto dei cambiament­i emersi proprio in seguito ai risultati dell’intercetta­zione; dall’altra, la volontà di evitare abusi che potrebbero verificars­i con il ricorso pretestuos­o alla descrizion­e di un fatto- reato autorizzab­ile per aggirare i limiti previsti dal Codice di procedura penale.

Se la fattispeci­e è patologica, afferma la pronuncia, ed è il caso di divergenza tra fatto- reato di cui si chiede intercetta­zione e risultati investigat­ivi, allora il controllo del giudice deve rilevare la mancata corrispond­enza e negare l’autorizzaz­ione; se invece non si è in presenza di aggirament­o dei divieti di legge, allora vanno considerat­i elementi come la provvisori­età dell’addebito, la fluidità degli elementi raccolti, la loro possibile modificazi­one, « ciò che rileva è che al momento in cui viene disposta l’intercetta­zione vi siano i presuppost­i previsti dalla legge » .

Toccherà così al giudice effettuare la verifica finale per accertare la coincidenz­a dei fatti storici per i quali si procede. Cosa che andrà fatta, nel caso specifico, per accertare se i fatti oggetto dell’autorizzaz­ione erano gli stessi alla base del riqualific­ato abuso d’ufficio.

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